Un cibo geniale, capace di
modulare la funzione dei geni. O, meglio, un’alimentazione con micro e
macronutrienti indicati per controllare e, perché no, prevenire alcune delle più
importanti malattie croniche. Si chiama nutrigenomica e può rivoluzionare cura e
prevenzione del diabete e di altre malattie metaboliche.
Ne ha parlato uno dei principali studiosi dell’argomento, Jim Kaput, docente
all’Università dell’Illinois a Chicago e membro del Center of Excellence in
Nutritional Genomics dell’Università California di Davis, al triennale Workshop
on Diabetes Mellitus and Related Conditions, di Mantova. "La prospettiva futura,
ma non lontana – spiega il professor Kaput – è di poter prescrivere una dieta ed
eventuali integrazioni con micronutrienti e macronutrienti in funzione
dell’assetto genetico del singolo individuo per prevenire o curare meglio il
diabete, l’obesità, le dislipidemie e altre patologie. E anche di sviluppare
nuovi alimenti con combinazioni innovative di composti chimici che, modificando
la funzione dei geni, prevengano o controllino le malattie".
Dopo anni di ricerche sul ruolo dell’alimentazione nella prevenzione dei tumori
e delle malattie metaboliche – i cui risultati sono stati solo parziali – oggi
si delinea sempre più un nuovo concetto di dieta. Da ritagliare su misura, come
un abito di sartoria, in funzione dei propri geni. "Gli studi che abbiamo in
corso – continua Kaput – sono focalizzati sull’individuazione delle interazioni
che esistono tra geni e dieta per quanto riguarda malattie complesse come il
diabete. Complesse perché causate da un insieme di polimorfismi genici e di
fattori ambientali, in primo luogo l’alimentazione. A complicare le cose sono le
influenze reciproche tra geni e dieta: certi componenti della dieta possono
modulare certi geni ma anche certe varianti genetiche (polimorfismi) possono
influenzare la capacità di digerire, assorbire, metabolizzare certi componenti
della dieta».
Niente più alimentazione mediterranea? "Assolutamente no – risponde il professor
Enzo Bonora, ordinario di Endocrinologia dell’Università di Verona e
organizzatore del congresso di Mantova – La dieta mediterranea, quella che
seguivamo un tempo e che ora è un pallido ricordo in molte delle nostre
famiglie, resta un caposaldo nel mantenimento di una salute migliore, ma la
nutrigenomica potrà fornire informazioni preziose su come costruire una dieta
ancora più salutare per il singolo individuo. E ci potrebbero essere piacevoli
sorprese, come il sapere che avere un certo tipo di assetto genetico permette di
mangiare cioccolata senza problemi di colesterolo".
La nutrigenomica ha già fornito valide prove delle sue potenzialità. "In ambito
cardiovascolare – aggiunge Kaput – si è visto che attraverso l’analisi del gene
dell’angiotensinogeno è possibile identificare fra gli ipertesi quelli che sono
portatori di una variante genica che si avvantaggia di un certo tipo di dieta (DASH,
Dietary Approaches to Stop Hypertension). È un regime alimentare messo a punto
con rigore scientifico, che comprende frutta, verdura, pochi grassi e niente
sodio". Altrettanto vale per il polimorfismo del gene MTHFR. "Questo gene –
aggiunge Kaput – è coinvolto nei meccanismi che portano alla produzione di
omocisteina, una molecola che, quando è presente in quantità elevata nel sangue,
aumenta il rischio di trombosi e di malattie cardiovascolari. Chi ha un certo
tipo di variante genica si avvantaggia di diete ricche di acido folico, che
riducono l’omocisteina e il rischio di malattie cardiovascolari. Analogamente i
soggetti con il polimorfismo ApoE4 del gene di ApoE hanno una eccellente
riduzione del colesterolo seguendo una dieta povera di grassi saturi e
colesterolo e i soggetti con un certo tipo di polimorfismo del gene di ApoA1
hanno un ottimo aumento del colesterolo HDL con una dieta ricca di acidi grassi
poliinsaturi". "Per quanto riguarda il diabete – continua Bonora – si è
osservato che diete con acidi grassi modificati riducono l’espressione di geni
che producono proteine dell’infiammazione, come NFkB e TNF-alfa, che causano,
fra l’altro, una ridotta efficacia dell’insulina. Quindi alimenti che contengano
questi acidi grassi modificati potrebbero essere impiegati per aumentare la
sensibilità all’insulina e prevenire il diabete".
[da corriere.it]
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