Abbiamo compiuto un lungo percorso. Siamo partiti dal proposito di esaminare
dal punto di vista medico-legale gli avvenimenti dell'ultima settimana di vita
terrena di Gesù, dal giorno del suo ingresso a Gerusalemme per la celebrazione
della Pasqua, che oggi ricordiamo come Domenica delle Palme, sino al venerdì,
momento della condanna, dell'esecuzione in croce e della morte. L'analisi si è
basata sulle fonti bibliche e sui manoscritti del Mar Morto che ci hanno
consentito di interpretare l'ambiente religioso, sociale e culturale in cui Gesù
visse e predicò, inquadrandolo nel contesto della dominazione romana, seguita
alla conquista della Palestina da parte di Pompeo nel 63. Peraltro, anche le
fonti pagane confermano la realtà storica della figura di Gesù, vissuto dal 7
a.C. sino al 7 aprile dell'anno 30.
Come abbiamo visto, a distanza di quasi due millenni, lo studio medico-legale
dei testi evangelici permette di seguire lo sviluppo psicofisico del piccolo
Gesù, di stabilire quali erano le sue condizioni di salute e di chiarire non
pochi aspetti alla luce delle più moderne acquisizioni della medicina. Per
esempio, la crisi di angoscia che coglie Gesù al Getsemani la sera del giovedì
ha le caratteristiche che la moderna psichiatria riconosce all'attacco di
panico, mentre il «sudore di sangue» che si verifica in quel momento è uno dei
disturbi neurovegetativi determinati da tale crisi. La dermatologia ci avvisa
che il fenomeno può essere riferito a porpora, ossia a una lesione della cute
caratterizzata da fuoriuscita di globuli rossi dai vasi, vale a dire da una
emorragia cutanea. Le ultime acquisizioni in medicina psicosomatica hanno
portato all'identificazione di una particolare porpora psicogena descritta da
Gardner e Diamond e interpretata sulla base del rapporto tra emozione e
fibrinolisi, che corrisponde a quanto avvenuto al Getsemani.
Il meccanismo che conduce Gesù a morte è complesso e prolungato: inizia alle
ventuno di giovedì e termina alle quindici di venerdì, dura cioè diciotto ore,
durante le quali si realizzano stress e fatica ed egli viene traumatizzato
mediante violenze contusive, ferite da flagellazione, lesioni da punta per
applicazione di rami spinosi al capo e, infine, l'inchiodamento alla croce. Le
cause della morte sono state viste in lesioni cardiache, nella compromissione
cardiocircolatoria e in una asfissia meccanica o nella azione combinata di
questi fattori. Il fatto che Gesù abbia parlato più volte dalla croce pare
tuttavia in contrasto con una situazione asfittica che consente una debole
fonazione soltanto in fase inspiratoria, anche se sono registrati esempi storici
che dimostrano il contrario.
Posto dunque che sia davvero ammissibile una serie di attività coordinate di
questo genere, che implicano una libera espirazione, resta il fatto che, se Gesù
ha alla fine gridato e quindi, dopo aver reclinato il capo, è spirato, si deve
essere prodotto un evento terminale determinante. La conclusione è che la morte
di Gesù, in piena corrispondenza con ciò che si sa dell'agonia dei crocifissi,
fu davvero conseguente a una pluralità di fattori. Alla fatica, al dolore, allo
shock e alla disidratazione si sovrapposero l'asfissia meccanica da
crocifissione e, alla fine, una ischemia cardiaca terminale del tutto
attendibile in un soggetto lungamente provato, deprivato di liquidi e quindi in
una situazione che in medicina viene definita «inspissatio sanguinis», ossia
sangue iperdenso, iperviscoso e povero di ossigeno. Inutile precisare che un
episodio ischemico iperacuto di questo genere giustifica un intensissimo dolore,
un grido e una morte quale viene descritta.
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