LA RESURREZIONE DI GESU': SOMMARIO | HOME |
Si chiama «pedagogia del vedere». E' quella a
cui Gesù ricorre nel capitolo 20 di Giovanni. Che leggiamo in traduzione
sbagliata. Padre Ignace de la Potterie, gesuita e famoso biblista, lancia la
polemica Ignace De la Potterie: Ma con quale diritto si
pretende di imputare a questi credenti quel "solo" di sapore eretico (fa pensare
al «sola fide» di Lutero), accusandoli addirittura di monofisismo: ma chi ha mai
detto "solo" Gesù della storia? Non "solo", ma "anche". Il problema è che sembra
che si voglia oggi eliminare la storia. Questo sì è monofisismo! Ignace De la Potterie: Certo. Vedere l'uomo
gli fu necessario per riconoscere Dio. Nell'ultima Cena Gesù dice: «Chi ha visto
me ha visto il Padre» (14,9). E' il versetto centrale del quarto Vangelo. Vedere
fisicamente Gesù non bastava, ovviamente, anche i suoi nemici lo vedevano eppure
lo ritenevano semplicemente un uomo di Nazareth, anzi un impostore. Ma vedere e
udire fisicamente Gesù, un uomo con un volto, una carne, era indispensabile, per
pervenire progressivamente a contemplare in lui, con l'occhio della fede, il
Figlio di Dio, cioè a scoprire in lui il Verbo fatto carne. E' Gesù, con le
parole, i gesti, i miracoli, con tutta la sua presenza, che introduce al Mistero
e conduce dal "vedere" un uomo di carne al riconoscere, in quella carne, il
Verbo di Dio. Il "vedere" fisico, per tutto il Vangelo, è la via d'accesso al
Mistero. Questa pedagogia del vedere diventa esplicita -è Gesù stesso che la
spiega- nel capitolo 20. E pochi finora sembrano averlo capito. Dunque cosa è possibile scoprire... Ignace De la Potterie: Il punto di partenza è
ciò che si vede con questi nostri occhi di carne: si comincia dai segni, come il
sepolcro vuoto o il giardiniere, un uomo reale in cui s'imbatte Maria Maddalena,
che poi riconosce in lui Gesù... E' una progressione. Anche del verbo vedere:
prima il verbo greco "bleso", che vuol dire scorgere, notare qualcosa. Poi "theorein"
che troviamo per la Maddalena e vuol dire guardare attentamente, osservare. Poi
il verbo "horan", al perfetto greco che esprime la forma perfetta del verbo
vedere e che io tradurrei qui «ora vedo perfettamente, contemplo il senso
profondo di ciò che vedo». Dunque dall'accorgersi di qualcosa alla
contemplazione del Mistero di Dio nella realtà visibile, questa è la dinamica
della prima fede cristiana, secondo i Vangeli. Ignace De la Potterie: Certo. L'evangelista
però cerca di descrivere, nei primi testimoni della resurrezione,
l'approfondimento progressivo del loro sguardo su Gesù. Il semplice "blepein"
(accorgersi) dell'inizio, diventa uno sguardo attento, scrutatore (theorein), ma
la pienezza della fede pasquale è espressa solo dal verbo al perfetto (heôraka
ton Kyrion). «Ho visto il Signore» come annuncia la Maddalena ai discepoli. Ignace De la Potterie: Il capitolo è costruito
in maniera concentrica. Primo episodio: i due apostoli, Pietro e Giovanni, al
sepolcro (vv. 1-10). Secondo: l'apparizione alla Maddalena (vv. 11-18). Terzo:
l'apparizione ai discepoli senza Tommaso (vv. 19-25). Infine, quarto:
l'apparizione in presenza di Tommaso (vv. 26-29). Il primo episodio è parallelo
al quarto e il secondo al terzo. Questa struttura sottolinea che la fede in
Cristo risorto si basa sulla testimonianza «di quelli che "hanno visto" il
sepolcro vuoto e il Signore vivo». Sono parole di padre Mollat. Non si parla più
spesso in questo modo oggi. Ignace De la Potterie: I Vangeli che fine
fanno? E il Vangelo di Giovanni? E' tutto un mito? Quel Vangelo è innanzitutto
la testimoniaza di uno che «ha visto». Si rilegga, prima di scrivere queste
cose, il prologo della Prima lettera di Giovanni: «Ciò che era fin da principio,
ciò che noi abbiamo udito, ciò che noi abbiamo veduto con i nostri occhi ciò che
noi abbiamo contemplato e che le nostre mani hanno toccato, del Verbo della vita
(poiché la vita si è manifestata, noi abbigamo veduto e di ciò rendiamo
testimonianza e vi annunziamo la vita eterna, che era rivolta verso il Padre e
si è manifestata a noi) quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunziamo
anche a voi». Ignace De la Potterie: Limitiamoci alle
apparizioni pasquali. Il primo episodio, Pietro e Giovanni al sepolcro, la tomba
vuota, le bende e Giovanni che «cominciò a credere» (non «credette» come recita
la traduzione normale, perché subito dopo aggiunge: «Infatti non avevano ancora
compreso la Scrittura»). E' la fede iniziale del discepolo che Gesù amava. Anche
per la Maddalena è molto chiara la purificazione progressiva del suo sguardo.
Quando riconosce quell'uomo dice «Maestro, sei tu!» No, non è più il maestro di
prima. Maria è legata alla vecchia immagine che aveva di lui. Ma poi accetta il
riconoscimento della fede: è il Signore risorto. E lui stesso che glielo dice.
Allora capisce: Gesù non è più come prima pur essendo sempre la stessa persona. Ignace De la Potterie: I discepoli sono pieni
di gioia «alla vista del Signore». Diranno a Tommaso: «Abbiamo visto il
Signore». Lo avevano riconosciuto prima che aprisse bocca, perché avevano
accettato la testimonianza della Maddalena. E' molto importante saper accettare
una cosa su testimonianza. Ciò che Tommaso non fa. Lui diffida della
testimonianza dei suoi amici. Gesù voleva educare il loro sguardo così: la prima
tappa è il vedere fisico, i segni, quindi il vedere su testimonianza, infine
vedere e contemplare con lo sguardo trasformato dallo Spirito che permette di
cogliere il senso delle cose, tutta la profondità della realtà. Ignace De la Potterie: E' molto importante
l'episodio di Tommaso. Anche lui appartiene ai dodici, quindi a coloro che
dovevano vedere fisicamente il Signore risorto e testimoniarlo davanti alla
storia e all'umanità. Però anche a lui, inizialmente, è chiesto di credere alle
testimonianze, come gli altri avevano già creduto alla testimonianza della
Maddalena (e come è chiesto a noi). Non fidarsi delle testimonianze: qui sta
l'errore di Tommaso. Ignace De la Potterie: No. Quel verbo non è al
futuro, come viene interpretato. Sia nel testo greco che nella Vulgata latina il
verbo è all'aoristo (tempo passato): «Tu hai creduto perché hai visto» dice Gesù
a Tommaso «beati coloro che anche senza aver visto (me direttamente) hanno
creduto». Anche Tommaso avrebbe già dovuto fidarsi della testimonianza degli
altri, i quali avevano già creduto sulla testimonianza della Maddalena. C'è un
cammino da fare per ciascuno. Ignace De la Potterie: Sì, o piuttosto al
discepolo amato. Lui «ha cominciato a credere» («Vidi et credidi», 20,8). Ha
cominciato a credere con i segni. Ignace De la Potterie: Esatto. E' la
beatitudine promessa a chi comincia a credere a partire dai segni e dà credito
alla testimonianza. Ignace De la Potterie: Perché si pensa subito
ai credenti nella Chiesa. Tipico è il caso di Bultmann che traduce al presente:
«Beati coloro che non vedono e credono». Nella traduzione delle Paoline G.
Segalla commenta: «Ad una fede si deve arrivare, però senza la pretesa di
Tommaso: il riferimento è ai futuri credenti». Ma quel verbo era al passato, non
al futuro come lo comprendono anche Schnackenburg e la Bibbia di Gerusalemme. Ignace De la Potterie: Indirettamente sì. Se
si traduce al futuro quel verbo, allora Bultmann può interpretare la frase di
Gesù «come una critica radicale dei "segni" e delle apparizioni pasquali e come
una apologia della fede privata di ogni appoggio esteriore» (D. Mollat). E'
esattamente il contrario. Ciò che viene rimproverato a Tommaso, non è di aver
"visto" Gesù, poiché Gesù stesso ha voluto manifestarsi a lui. Il rimprovero
cade sul fatto che Tommaso ha rifiutato, all'inizio, di dare credito
all'annuncio dei discepoli. E ha voluto porre e definire lui stesso le
condizioni della fede. Tuttavia Gesù accede al suo desiderio e si lascia
toccare, ma lo invita formalmente a superare quella posizione equivoca e
pericolosa in cui si era posto. Ignace De la Potterie: Lo si vede soprattutto
nell'imbarazzo con cui vengono trattate le apparizioni pasquali. Dice Bultmann:
«Le apparizioni ai discepoli rappresentano una concessione alla loro debolezza.
In fondo non sarebbero richieste». C'è qui una critica radicale al valore stesso
dei racconti pasquali, a cui è dato un valore molto relativo. Questi -per
Bultmann, seguito da molti teologi contemporanei- «non sono da comprendere come
racconti di eventi storici, così da indurre forse il lettore ingenuo a voler
fare anche lui la stessa esperienza, e neanche come sostitutivo di tale vedere
perché si vuole una garanzia della resurrezione». Insomma è la pura posizione
protestante: la fede cieca («sola fide»). Ignace De la Potterie: Dice Bultmann: «Sono
soltanto immagini simboliche per la comunità nella quale sta colui che è salito
al Padre». E così la resurrezione fisica di Gesù che fine fa? Un puro simbolo.
Ma se quel versetto finale vuol dire che tutte quelle apparizioni non servono a
nulla perché allora sono state riferite dall'evangelista? Se avesse ragione
Bultmann il rimprovero di Gesù andrebbe esteso a tutti gli apostoli e anche alla
Maddalena, anche loro hanno creduto «perché hanno veduto». Ignace De la Potterie: Esatto. Infatti c'è un
parallelismo strutturale fra i due episodi e Gesù dice «Beati coloro che non
hanno visto» (me) però «hanno cominciato a credere» vedendo i segni. Si tratta
di Giovanni (e Pietro) quando ha trovato il sepolcro vuoto (20,8). Ignace De la Potterie: Questa è la sua
pedagogia. Lo stesso Agostino insegna questo cammino: dal vedere fisico a
contemplare il mistero. E per il Concilio di Calcedonia Gesù è vero uomo e vero
Dio. Allora il vedere fisico è decisivo, perché anche le testimonianze sono
fondate su un fatto storico visto. Ignace De la Potterie: Con Atanasio tutti i Padri della Chiesa. La fede cristiana è un cammino dello sguardo e -direi- lo è anche l'esegesi. Non sono del tutto d'accordo con padre De Lubac quando, alla fine di "Esegesi medievale", sostiene che l'approccio dei Padri è ormai una cosa del passato. Specialmente il 20° capitolo di san Giovanni mi sembra invitare all'antica e bellissima pratica cristiana della contemplazione delle scene dei Vangeli. Ignazio di Loyola, all'inizio dei tempi moderni, ha posto questa "applicatio sensuum" nei suoi esercizi spirituali: ci invita a guardare, contemplare, vedere, toccare... Sappiamo che era rimasto molto colpito da una pagina di Ludolfo di Sassonia.
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A.C.R.O.
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