La risurrezione nel cap. XX di Giovanni:
Nel capitolo 20 del suo Vangelo il verbo "vedere" ricorre 13 volte. Come
disse Paolo VI, se i cristiani non sottolineano il carattere empirico e
sensibile delle apparizioni del Risorto corrono il rischio di «trasformare il
cristianesimo in gnosi»
Per introdurre l'argomento della storicità della resurrezione di Cristo vorrei
menzionare due fatti, uno più recente, un altro più lontano nel tempo. Il primo
fatto che dimostra l'importanza del tema è la pubblicazione in Italia di un
nuovo libro di W. Marxsen, "Il terzo giorno resuscitò... La resurrezione di
Gesù: un fatto storico?" (1992). Cito qualche passaggio di quest'opera: «Non si
può credere alla resurrezione come ad un avvenimento accaduto nel passato»,
scrive Marxsen a pagina 60; «anzi non si può credere assolutamente in un
avvenimento, qualunque osso sia». E a pagina 61: «Quando un credente dice: "Io
credo nella nascita verginale, credo nei miracoli, credo nella resurrezione", se
con queste espressioni intende parlare di fatti realmente accaduti, queste
formulazioni sono allora impossibili». Per questo autore l'oggetto della fede
cristiana è solo la coscienza di essere riconciliato con Dio; e la resurrezione
è solo una realtà di fede. E' la posizione tipicamente protestante della sola
fede senza eventi, in fondo la classica posizione di Bultmann.
Il secondo fatto a cui accennavo è stata l'udienza concessa da Paolo VI ai
partecipanti ad un Convegno internazionale sulla resurrezione che si svolse a
Roma nel 1970. Ad un certo punto il Papa, abbandonando il discorso preparato,
disse: «E' importantissimo, signori, sottolineare il fatto empirico e sensibile
dell'apparizione pasquale. Se non facciamo questo, noi cristiani corriamo il
grande rischio di trasformare il cristianesimo in una gnosi». Anche nel seguito
del discorso, che è stato pubblicato, Paolo VI continuava su questa linea
parlando di «tentativi di una gnosi sempre rinascente, la cui temibile
inclinazione porta ad evacuare insensibilmente tutta la ricchezza e la portata
di ciò che è essenzialmente un fatto, la Resurrezione del Salvatore»; e citava
come conseguenze pratiche la negazione del valore storico dei Vangeli e
l'interpretazione «in modo puramente mitico o morale della Resurrezione fisica
di Gesù».
Fatta questa premessa, che ci aiuta a comprendere l'attualità dell'argomento,
passiamo ora ad analizzare il capitolo 20 del Vangelo di Giovanni. Il capitolo è
composto da quattro episodi: nel primo (vv. 1-10) Maria Maddalena va al sepolcro
e scopre che è vuoto. Porta la notizia ai discepoli, Pietro e Giovanni corrono
al sepolcro. Nel secondo episodio (vv. 11-18) Gesù appare alla Maddalena nel
giardino vicino alla tomba; lei porterà la notizia della resurrezione ai
discepoli. Nel terzo episodio (vv. 19-25) Gesù appare ai discepoli riuniti
quando non è presente Tommaso. Nell'ultimo episodio (vv. 26-29), Gesù appare
nuovamente, una settimana dopo, ai discepoli: questa volta Tommaso è presente.
Una realtà visibile
Ma è ugualmente importante analizzare le due parole chiave utilizzate da san
Giovanni nel capitolo: «vedere e credere». E dunque si può dare questo come
titolo di tutto il capitolo: dal vedere al credere. Nell'uso di questi due verbi
c'è una significativa progressione. L'uno va verso l'altro ed entrambi crescono
insieme. Il padre Donatien Mollat ha scritto in proposito: «Il capitolo
progredisce in un movimento continuo verso la proclamazione finale: "Beati
quelli che, non avendo visto, hanno creduto"»; e più avanti: «Appare
fondamentale in questo capitolo la fede nel Cristo risorto che si basa
essenzialmente sulla Scrittura e anche sulla testimonianza di coloro che hanno
visto il sepolcro vuoto e hanno visto il Signore vivo». Dal vedere cresce
progressivamente il credere. Il verbo "vedere" è usato 13 volte in questi
episodi e si passa dalla visione sensibile (verbo blepein) allo sguardo attento
e osservatore (verbo theôrein) per arrivare alla visione perfetta, alla
consapevolezza, alla contemplazione di ciò che percepisco con gli occhi (verbo
horan, usato prima all'aoristo e quindi al perfetto). L'uso del perfetto (heôraka)
indica che è avvenuto il riconoscimento, che attraverso la realtà sensibile si è
contemplata un'altra realtà. Infatti è il verbo usato dalla Maddalena che corre
dai discepoli e dice: «Ho visto il Signore!».
Passiamo ora ad analizzare brevemente i quattro passi evangelici. Nel primo
vengono descritti due movimenti: quello di Maria di Magdala che scopre il
sepolcro vuoto e corre ad avvertire i discepoli, poi quello di Pietro e Giovanni
che corrono verso la tomba di Gesù. Ciò che è interessante è che in entrambi i
movimenti troviamo la stessa conclusione. La Maddalena dice: «Il sepolcro è
aperto e non sappiamo dove l'hanno posto». Mentre dopo che Pietro e Giovanni
sono usciti dalla tomba il Vangelo afferma: «Non conoscevano ancora le
Scritture, cioè che egli doveva risorgere dai morti». La conclusione è la
stessa, l'ignoranza. Non hanno nessuna idea del fatto che Gesù doveva risorgere.
Commenta padre Mollat: «Questo stadio iniziale di impreparazione e come di
cecità nei testimoni di fronte alla resurrezione è fondamentale: questa
impreparazione radicale non fa che mettere meglio in rilievo la realtà
dell'intervento divino e il suo aspetto di atto creatore. La fede pasquale è
stata per i discepoli di Gesù come un risveglio». Nell'episodio Pietro entra per
primo nel sepolcro e vede solo le cose materiali, poi entra Giovanni «che vide e
credette». Secondo molti autori questa di Giovanni è già la fede pasquale. Ma è
troppo presto perché ciò sia vero. Giovanni ha solo intuito qualcosa da quei
segni, dalle bende ben ripiegate nel sepolcro vuoto. Ma se avesse avuto la fede
pasquale, lui e Pietro non sarebbero ritornati a casa loro ed alle loro abituali
occupazioni come se niente fosse accaduto. Avrebbero, eccitati, radunato tutti
gli altri e avrebbero dato l'annuncio.
L'uso assoluto del verbo «credette» suggerisce piuttosto l'accettazione calma e
serena di un mistero in parte ancora inspiegabile, una piena fiducia nell'amore
divino. Questa spiegazione è suggerita anche dal fatto che Giovanni afferma nel
Vangelo che quella mattina della resurrezione faceva ancora buio. Come mai
poteva essere ancora buio ed essere allo stesso tempo visibile l'interno della
tomba? Gli altri Vangeli dicono infatti che era l'alba. Ma questa affermazione
di Giovanni potrebbe avere un carattere simbolico e significare l'impreparazione
dei discepoli, spiegando così il fatto che dopo la scoperta essi tornino a casa.
Solo Giovanni, il discepolo amato, ha intuito qualcosa. E' inquieto, ma non ha
ancora capito. Perciò traduciamo: «Cominciò a credere».
«Ho visto il Signore!»
Nel secondo episodio del capitolo «Gesù appare a Maria Maddalena. E' un
progresso rispetto a prima, quando c'erano solo dei segni. Adesso dai segni si
passa alla presenza fisica di Gesù, una presenza che però non viene subito
riconosciuta dalla donna. Il centro dell'episodio è la trasformazione dello
sguardo di Maria che è passata dal constatare che la pietra del sepolcro è
rotolata via (blepein) allo sguardo attento verso quest'uomo, in apparenza un
giardiniere (theôrein); quando lo ha riconosciuto, lo chiama ancora «Maestro»,
come nel passato, e vuol quindi trattenerlo. Solo allora però risuona dalla
bocca di Gesù il messaggio pasquale: «Non sono ancora salito al Padre, ma va' a
trovare i fratelli e dì loro: "Io salgo al Padre mio e Padre vostro, al Dio mio
e Dio vostro"». E' Maria porta l'annuncio: «ho visto il Signore!» (heôraka, al
perfetto); non più «il Maestro», ma «il Signore».
Nel terzo episodio del capitolo Cristo appare per la prima volta ai discepoli
riuniti. Ora non si tratta più di un uomo che sta in un giardino; qui il Signore
appare a porte chiuse (un aspetto sottolineato due volte): è una vera
cristofania. Siccome viene dal mondo trascendente, non è ostacolato dalle porte
chiuse. Gesù non ha più contatti con la città e con il giudaismo, viene
dall'alto: è l'inizio della Chiesa. Prende posto in mezzo ai discepoli, un segno
che rimane presente nella sua Chiesa. Mostra loro le piaghe: il ricordo della
passione non è cancellato ma è attualizzato nella Pasqua. Poi Giovanni dice che
«alitò» su di loro. E' un verbo utilizzato anche per la creazione nella
"Genesi". Cristo fa di loro delle nuove creature. Non è ancora il dono della
Pentecoste, ma l'infusione della fede pasquale, che ricrea i discepoli come
credenti, come nuove creature: possono adesso cominciare la loro missione
apostolica.
Nell'ultimo episodio Gesù riappare ai discepoli una settimana dopo. Adesso c'è
anche Tommaso, assente la prima volta. L'inizio è lo stesso, la vera novità è
costituita dalla presenza di Tommaso, che riveste qui un duplice ruolo: essendo
«uno dei Dodici» deve aver visto il Signore risorto; ma d'altra parte, lui è
anche uno di quelli che non l'ha visto la prima volta e quindi rappresenta un pò
tutti noi. Così il caso di Tommaso prefigura l'atteggiamento di tutti i
credenti. Perciò vale per tutti l'invito: «Diventa un uomo di fede». Ma poi Gesù
dice: «Perché mi hai visto, Tommaso, hai creduto», e l'evangelista utilizza due
volte il perfetto. Ma viene rimproverato da Gesù perché avrebbe già dovuto
credere per la testimonianza degli altri discepoli, i quali a loro volta avevano
creduto a ciò che aveva detto loro la Maddalena.
Credere sui segni
Gesù dice allora all'apostolo: «Beati coloro che senza aver visto hanno
creduto». Su questo versetto c'è molta confusione. Per Bultmann e per Marxsen
sarebbe una critica radicale all'importanza dei segni e dell'apparizione
pasquale del risorto. Una apologia della fede privata di ogni appoggio
esteriore. Il fedele non deve vedere i segni come fatti storici ma come una
rappresentazione simbolica che serve a far comprendere l'efficacia della croce.
Allora la resurrezione non c'è! Ma un'altra lettura sbagliata è anche quella che
traduce: «Beati coloro che senza aver visto crederanno». Non è corretto tradurre
con un futuro. Ci sono due verbi all'aoristo, e in tutti gli altri casi di
aoristo utilizzati da Giovanni questi hanno valore di anteriorità. Gesù si
riferisce quindi al passato ed è questa la ripresa di quanto è accaduto
all'inizio del capitolo, cioè il fatto che i discepoli hanno cominciato a
credere già sui segni e poi anche sulla testimonianza degli altri senza avere
visto il risorto. [...]