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Ha osservato Rawlinson che, in questi testi, "è costante uno schema di dottrina che si richiama ai nomi e ai fatti. Che ne dipende in modo assoluto.
Che si annulla e che si vuota senza di loro". Invece no. Luca precisa che questo sepolcro appartiene a Giuseppe, "membro del Consiglio", quindi uno degli uomini più in vista di Gerusalemme. Marco aggiunge che Giuseppe era un "membro distinto" di quel Consiglio, dunque notissimo tra i noti. Matteo precisa che
oltre tutto era anche "ricco". Come non bastasse, Giovanni fa entrare in scena
accanto a Giuseppe "Nicodemo", anch'egli dato come conosciutissimo in quanto
leader dei farisei: quindi "un capo dei giudei" come scrive lo stesso
evangelista. Quest'uomo che entra così d'improvviso nella storia cristiana non è un anonimo. Tutta la predicazione più antica, quella raccolta nei tre primi evangeli, ha anche qui uno slittamento improvviso nella cronaca. Uno slittamento ancora una volta incomprensibile se si
sta cercando di spacciare per storia una leggenda. Marco, perché non ci siano dubbi sulla identificazione, si premura di avvertire
che questo Simone di Cirene "è il padre di Alessandro e di Rufo" (1).
1) Segnaliamo, al proposito, una sorprendente scoperta archeologica recente. Nel 1962 il prof. Jukenik, scavando nella valle del Cedron, presso Gerusalemme, metteva alla luce in un cimitero di notabili una tomba di famiglia dei tempi di Gesù. Le iscrizioni indicano lì, la sepoltura, tra gli altri parenti, di una "Alessandra, figlia di Simone" e di un "Alessandro di Cirene". "Tutto il contesto di queste iscrizioni presenta un singolare riferimento a quel Simone di Cirene, padre di Alessandro e di Rufo, di cui parla il cap. 15 di Marco. E'
difficile affermare se ci troviamo di fronte a una semplice coincidenza" (Dan Barag). |
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A.C.R.O.
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