Cos'altro racconta la più che millenaria, drammatica storia della città
santa?
Le prime testimonianze archeologiche intorno a Gerusalemme risalgono al terzo
millennio. Mentre il primo esplicito riferimento alla città è contenuto in un
«testo di esecrazione» egiziano risalente al XX secolo. Attorno al Mille la
roccaforte dei Gebusei, venne conquistata da Re Davide. Fu così che Gerusalemme,
che mai prima d'allora era stata in possesso del popolo d'Israele, benché si
trovasse sul territorio abitato dalle sue tribù, divenne la capitale del nuovo
regno. Qui il re trasportò l'Arca dell'Alleanza, il segno della presenza del Dio
degli eserciti in mezzo al suo popolo, e Gerusalemme divenne il centro della
religiosità ebraica.
Ma la grandezza e lo splendore della città raggiunsero il loro apogeo con il
figlio e successore di Davide, Salomone, il sovrano che «aveva 700 principesse
per mogli e 300 concubine» (1Re 11,3).
Salomone fu giudicato molto severamente dall'autore del libro biblico dei Re
perché «commise quanto è male agli occhi del Signore e non fu fedele al Signore
come lo era stato Davide suo padre» (1Re 11,6). Ma re Salomone venne anche
celebrato dalla posterità perché fece edificare a Gerusalemme il primo grande
tempio elevato all'unico e vero Dio.
Con la morte di Salomone la città conobbe un rapido declino a causa soprattutto
dello scisma politico e religioso che si verificò nel Regno d'Israele
immediatamente dopo la morte del sovrano.
Il Libro dei Re ricorda che in quella occasione «nessuno seguì la casa di
Davide, se non la tribù di Giuda». Così Gerusalemme, da capitale di Israele qual
era stata sotto Davide e Salomone, rimase centro politico e religioso per
quell'unica tribù.
Durante il Regno di Ozia, e più tardi con Re Ezechia, Gerusalemme tornò a essere
capitale della nazione e acquistò tra il popolo la fama di città inespugnabile.
Così venne cantata nel Salmo come «altura stupenda... dimora divina... città del
grande sovrano» dove «Dio nei suoi baluardi è apparso fortezza inespugnabile».
Solo cento anni più tardi, e precisamente nel 586 a.C., dopo la morte del re
buono, Giosia, che aveva nuovamente esteso il suo regno fino ai confini
raggiunti da Re Davide e contribuito a dare un grande impulso alla riforma
religiosa iniziata con la predicazione del profeta Isaia, il sovrano babilonese
Nabucodonosor distruggerà la città e deporterà tutti i suoi abitanti. Si
consumava la tragedia della devastazione di Gerusalemme e del suo tempio: «Nabuzardan,
capo delle guardie, ufficiale del re di Babilonia, entrò in Gerusalemme, bruciò
il Tempio, la reggia e tutte le case di Gerusalemme... Tutto l'esercito dei
Caldei che era con il capo delle guardie demolì il muro intorno a Gerusalemme...
Deportò il resto del popolo che era stato lasciato in città... e lasciò alcuni
fra i più poveri del paese come vignaioli e come campagnoli. I Caldei fecero a
pezzi le colonne di bronzo che erano nel Tempio, le basi e il bacino grande di
bronzo e asportarono tutto il loro bronzo in Babilonia. Essi presero ancora le
caldaie, le palette, i coltelli, le coppe e tutte le suppellettili di bronzo che
servivano al culto. Il capo delle guardie prese ancora i bracieri e i bacini, e
quanto era d'oro puro e quanto era d'argento puro» (2Re 25,8-15).
Dall'esilio babilonese il popolo d'Israele rientrò dopo cinquantenni, nel 538
a.C., quando Ciro re di Persia occupò la Babilonia e promulgò l'editto con cui
permetteva il ritorno in patria L'Israele. Per la storia del popolo ebraico
questi anni d'esilio e i successivi al ritorno in patria rappresentano il
passaggio decisivo verso una nuova concezione della religione. La promessa di
Jahvè non appare più legata al possesso della terra, ma al legame più personale
che si esprime nel vincolo dell'alleanza codificato dalla Legge. Israele, ormai
ridotto alla sola tribù di Giuda, si stringe attorno alla legge sacra, al
sacerdozio e al tempio di Gerusalemme; prende sempre più la fisionomia di una
comunità religiosa dispersa. Nasce per il popolo ebraico una nuova epoca,
l'epoca chiamata del «Giudaismo». Sarà contro il giudaismo, contro questo
piccolo gruppo di credenti che non accettano l'integrazione e il livellamento
culturale e religioso imposti ai sudditi dai grandiosi progetti di Alessandro
Magno, che si scatenerà la prima persecuzione religiosa che la storia ricordi.
Dai primi decenni successivi al ritorno dall'esilio, anni in cui la principale
preoccupazione degli ebrei fu la ricostruzione di Gerusalemme e del tempio, fino
all'occupazione della città compiuta dalle truppe comandate da Pompeo intorno al
63 a.C., non ci sono notizie scritte in base alle quali poter ricostruire la
storia della città.
Nel 37 a.C. Erode, eletto dal Senato romano re dei Giudei, occupa Gerusalemme,
dove edifica il suo palazzo, la fortezza Antonia, e numerose costruzioni di
stile ellenistico. Quindi, allo scopo di ingraziarsi la popolazione, dà inizio
all'imponente opera di rifacimento del tempio. Lo storico Giuseppe Flavio narra
che per attuare la progettata opera di ricostruzione dell'edificio di culto,
Erode fece assumere diecimila operai e, per rispettare la prescrizione per la
quale i laici non potevano accedere ai luoghi più sacri del tempio, mille
sacerdoti addestrati nel mestiere di muratori. Occorsero più di 50 anni perché i
lavori fossero ultimati, ma alla fine l'opera risulterà veramente grandiosa. A
suggerire le dimensioni dell'edificio basti qui ricordare che le sole fondamenta
erano costituite da enormi blocchi di pietra di lunghezza variabile dai 9 ai 12
metri. Ma a Erode, questo sovrana crudele fino a tal punto che, secondo la
testimonianza dello scrittore Macrobio, lo stesso Augusto disse di lui che era
meglio essere un suo porco che suo figlio (oltre che la moglie; il cognato e la
suocera, Erode aveva infatti fatto uccidere anche i propri figli), non bastò
neppure quell'immane impresa a guadagnargli nel presente il favore del popolo,
in futuro il buon ricordo della posterità.
Pochi anni dopo, al tempo in cui l'amministrazione della città era nelle mani
del procuratore Ponzio Pilato, Gesù venne a Gerusalemme e qui pianse sul tragico
destino che si preparava alla città: «Giorni verranno per te in cui i tuoi
nemici ti cingeranno di trincee, ti circonderanno e ti stringeranno da ogni
parte; abbatteranno te e i tuoi figli dentro di te e non lasceranno in te pietra
su pietra, perché non hai conosciuto il tempo in cui sei stata visitata» (Lc
19,43-44).
I primi segni della profezia di Gesù dovevano avverarsi non molti anni più
tardi. Nel 70 d.C., a seguito della prima rivolta giudaica, il grande tempio
costruito da Erode venne raso al suolo dalle milizie di Tito. Da allora non
venne mai più ricostruito. Ma la profezia ebbe il suo compimento definitivo 50
anni più tardi allorché, nel 132, l'imperatore Adriano, deciso a stroncare una
volta per tutte il nazionalismo dei Giudei, fece radere al suolo la città e
sulle sue rovine fece edificare una nuova e pagana città a cui diede il nome di
Aelia Capitolina. Da allora fu proibito agli ebrei, pena la morte, di entrare
nella nuova città. Il divieto fu abolito nel V secolo, grazie soprattutto
all'intervento dell'imperatrice cristiana Eudocia, moglie di Teodosio II.
Nel frattempo, grazie all'editto con cui Costantino nel 313 sancisce la libertà
di culto per i cristiani, in tutta la Palestina sí sviluppa la vita monastica.
Nel 614 i persiani guidati da Cosroe II occupano e devastano tutti gli edifici
religiosi di Gerusalemme, mentre l'invasione araba successiva si mostrò
inizialmente rispettosa della libertà di culto.
Fu durante questo periodo di occupazione, attorno al 687, che venne edificata la
Moschea di Omar che ancor oggi domina sulla spianata dove un tempo sorgeva il
tempio di Gerusalemme. Agli ebrei non rimase che il «Muro Occidentale», o come
più comunemente viene chiamato, il «Muro del pianto», che rappresentava (e
rappresenta) l'ultimo simbolo di ciò che un tempo fu lo splendore del tempio di
Salomone. In epoca crociata vennero ricostruiti i luoghi santi danneggiati e
sorsero nuove chiese, monasteri e ospizi. Ma il regno latino in Palestina,
iniziato ufficialmente nel 1100 con l'incoronazione di Baldovino I a re di
Gerusalemme, durò meno di un secolo. Nel 1187 le orde di Saladino spazzarono via
l'esercito crociato e occuparono la città santa. Successivamente e fino al XVI
secolo, arabi, latini (ma soltanto per un decennio) e infine i mamelucchi si
alternarono al controllo di Gerusalemme. Nel 1516 la città venne occupata dai
turchi.
Col tramonto dell'Impero ottomano la protezione dei luoghi santi venne affidata
a una rappresentanza diplomatica dei paesi occidentali, mentre il governo turco
dichiarava lo «stato quo». Si sanciva così, a riguardo della disputa che da
secoli era sorta tra le varie confessioni religiose sulla proprietà dei vari
luoghi santi, il mantenimento delle condizioni di fatto. Questo decreto,
tutt'oggi in vigore, riguarda soprattutto la comproprietà e quindi la
coesistenza delle varie confessioni cristiane nei santuari del Santo Sepolcro,
della Natività e dell'Assunzione.
Nel 1920, dopo la caduta dell'Impero turco, l'Inghilterra assunse il mandato su
tutta la Palestina, e nel 1948, a seguito della prima guerra arabo-israeliana,
Gerusalemme venne divisa in due: la città vecchia (comprendente anche il Muro
del pianto) passò sotto il controllo della Giordania, la città nuova venne
annessa all'appena sorto Stato di Israele. Nel 1967 a conclusione di una guerra
lampo l'esercito di Tel Aviv occupa anche la città vecchia. Da quella data tutta
Gerusalemme passa sotto il controllo dello Stato israeliano.
Pasolini vide Gerusalemme all'epoca in cui la città era ancora divisa in due. Ne
scrisse, per nulla entusiasta, definendola «una vecchia città di provincia sotto
il sole. Una capitale normanna nell'afa del coprifuoco. Una vecchia capitale
bieca allegra sopra il Calvario». Come sempre, nella visione del poeta che disse
di se «in questo mondo colpevole, che solo compra e disprezza / il più colpevole
sono io, inaridito dall'amarezza», c'era sempre, accanto all'amara nostalgia di
una purezza originaria che gli appariva definitivamente perduta, il lume della
profezia.
«Gerusalemme città edificata come un'unica solida casa» canta il biblico
salmista. Una casa che i piani regolatori di questi ultimi vent'anni hanno
modificato radicalmente nella sua struttura. Proclamata unilateralmente
«capitale eterna e immutabile» di Israele, la città santa è giuridicamente
oggetto di contesa politica. Sul piano del diritto internazionale la sua carta
topografica risulta ancora attraversata da una «linea verde» che divide la zona
occidentale da quella orientale, a tutt'oggi riconosciuta dal consesso
internazionale dell'Onu territorio occupato. I palestinesi vorrebbero che
Gerusalemme Est divenisse la capitale del loro futuro Stato. Le chiese cristiane
e il mondo musulmano insistono perché, una volta risolto il contenzioso politico
tra Israele e palestinesi, i soggetti che eserciteranno la sovranità
territoriale in Gerusalemme accettino garanzie internazionali per i valori
religiosi e culturali della città che interessano tutta l'umanità civile.
Di fatto ogni accordo non potrà non tener conto dell'avvenuta colonizzazione
ebraica, della realtà dei nuovi quartieri ebraici sorti nella parte araba (in
cui si sono impiantati negli ultimi dieci anni almeno 120mila ebrei), che hanno
modificato gli assetti demografici e posto le basi per la realizzazione della
Grande Gerusalemme israeliana. Oggi la popolazione cristiana residente a
Gerusalemme non supera le 10-11 mila unità.
Piantato nel cuore del quartiere cristiano, il Patriarcato latino cattolico è
un'isola di speranza per i 6200 cristiani palestinesi ancora residenti nella
Città Vecchia. Ma è una vita sempre più artificiale, precaria e assistita,
quella delle loro 1430 famiglie. Abbarbicati alla Custodia di Terra Santa, che
li ospita gratuitamente nei 400 appartamenti di sua proprietà e offre loro il
modo di sopravvivere col turismo e i commerci religiosi, i cristiani sembrano
destinati a una disperata resistenza.