Come andarono le cose. Il viaggio a Betlemme di Maria e
Giuseppe. La ricerca di un posto dove vivere la nascita di Gesù in riserbo e
segretezza. L'avvenimento che divide in due la storia dell'uomo.
«In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento
di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando era governatore della
Siria Quirinio. Andavano tutti a farsi registrare, ciascuno nella sua città» (Lc
2,1-4). Sono tutte in queste scarne righe del Vangelo di Luca le notizie
riguardanti la data di nascita di Gesù, le circostanze storiche dentro le quali
l'Eterno è entrato nel tempo assumendo in tutto, fuorché nel peccato, la nostra
natura umana.
Il senatore Sulpicio Quirinio, citato da duemila anni nelle letture delle
liturgie natalizie, era nato a Lanuvio, vicino a Tuscolo, e aveva governato a
Creta e a Cirene. Lo storico romano Tacito conferma che, divenuto console nel 12
a.C., Quirinio fu governatore di Siria come legato imperiale, però colloca lo
svolgimento di questo suo incarico negli anni 6-7 d.C., cioè diverso tempo dopo
la nascita del Salvatore. Per risolvere il problema alcuni esegeti hanno pensato
di tradurre in questo modo il brano di Luca: «Questo censimento avvenne prima
(di quello avvenuto) governando la Siria Quirinio». Ma un'iscrizione
frammentaria scoperta a Tivoli alla fine del Settecento, secondo l'abate
Giuseppe Ricciotti (autore della "Vita di Gesù Cristo"), offre una base
sufficiente per affermare che Quirinio era già stato una volta legato in Siria
qualche anno prima dell'era volgare e che aveva indetto il primo censimento,
protrattosi per più anni e portato a termine dal suo successore Senzio
Saturnino. La registrazione di tutti gli abitanti della Palestina avvenne
secondo il modo giudaico: tutti i censiti dovevano iscriversi nei propri luoghi
di origine e non nel territorio dove vivevano, come invece sarebbe accaduto se
si fosse adottato il metodo romano.
«Anche Giuseppe, che era della casa e della famiglia di Davide, dalla città di
Nazareth e dalla Galilea salì in Giudea alla città di Davide, chiamata Betlemme,
per farsi registrare insieme con Maria sua sposa che era incinta» (Lc 2,4-5). Le
tribù ebraiche si dividevano in grandi famiglie e queste ultime in casati
paterni; e ovunque andassero ad abitare, i nuovi gruppi familiari conservavano
con tenacia il ricordo del ceppo originario. Betlemme ("Beth-lehem",
originariamente "Beth-Lahamu", cioè "casa del dio Lahamu", divinità babilonese,
poi interpretata in senso ebraico beth-lehem cioè "casa del pane") era un
piccolo centro che distava nove chilometri da Gerusalemme e all'epoca di Gesù
non doveva contare più di mille abitanti, per lo più pastori e contadini. Era
però un luogo di passaggio per le carovane che da Gerusalemme si dirigevano in
Egitto, tanto che fin dai tempi antichi il figlio di un amico del re Davide,
Chamaam, vi aveva costruito un caravanserraglio (in ebraico "geruth",
"foresteria").
In viaggio per il censimento
Betlemme dista da Nazareth circa 150 chilometri e il viaggio di Giuseppe e Maria
non deve essere durato meno di tre-quattro giorni. Non sappiamo se l'obbligo di
legge prevedeva anche la presenza della sposa, oltre a quella del capofamiglia.
Ma dalle parole di Luca si può intuire che la gravidanza avanzata doveva aver
consigliato, comunque, il fatto che la madre del Salvatore non fosse lasciata
sola. Inoltre già l'angelo dell'annunciazione aveva predetto a Maria che al
nascituro «il Signore Dio darà il trono di Davide suo padre», e ciò
rappresentava una ragione in più perché il parto avvenisse proprio a Betlemme,
la città che il profeta Michea nelle Scritture aveva indicato come patria del
messia d'Israele. Si può immaginare che le strade fossero in condizioni
abbastanza disastrate e affollate da famiglie in movimento a causa del
censimento. Nella migliore delle ipotesi - osserva il Ricciotti - i due coniugi
avranno avuto a disposizione un asino, caricato delle cibarie e delle
vettovaglie necessarie per il viaggio. Un viaggio non facile per Maria, che
stava ormai per partorire. I tre o quattro pernottamenti saranno stati fatti in
qualche casa di amici o più probabilmente nei luoghi pubblici di sosta, a cielo
aperto, fianco a fianco con gli altri viandanti, gli asini e i cammelli. Giunti
a Betlemme, Giuseppe e Maria trovarono la città di Davide stracolma di gente.
Anche il caravanserraglio, tradizionale luogo di ospitalità per i viaggiatori,
era sovraffollato. «Ora, mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei
i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in
fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c'era posto per loro
nell'albergo» (Lc 2,6-7). L'albergo o locanda ("to kataluma" nel greco di Luca)
altro non era che il caravanserraglio: uno spazio a cielo aperto, circondato da
un muro piuttosto alto. All'interno, attorno al cortile, correva un portico che
offriva riparo ed era a tratti chiuso da muretti. Si creavano così delle
stanzette, riservate a chi poteva permettersi di pagare per avere una maggiore
intimità. L'evangelista nota che «non c'era posto per essi nell'albergo».
Secondo l'abate Ricciotti questa frase è più studiata di quanto appare a prima
vista. È difficile immaginare che nel caravanserraglio o in tutta Betlemme non
vi fosse un angolo per accogliere i due sposi. Quel «per essi» potrebbe però
indicare che in quei giorni e in quelle circostanze, con il sovraffollamento e
la totale promiscuità che si viveva nei luoghi pubblici e nelle povere
abitazioni di Betlemme, ciò che mancava a Maria era un posto dove vivere la
nascita di Gesù in riserbo e segretezza. Luca si limita a scrivere che «Maria
diede alla luce suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una
mangiatoia». La mangiatoia suppone una stalla e le stalle, nella povera città di
Davide, erano piccole grotte scavate nella roccia nei dintorni delle case o
nelle colline che circondavano Betlemme.
Quei gesti materni
Giuseppe e Maria si accomodarono "alla bell'e meglio" in una di queste tetre
grotte accanto a qualche bestia. Dalle parole dell'evangelista si deduce che il
parto avvenne senza l'aiuto di altre persone. La madre stessa accudisce il
neonato, lo avvolge nelle fasce e lo depone nella mangiatoia, dove Giuseppe, che
neppure è nominato, avrà disposto della paglia pulita. «Il testo lascia intuire
un parto facile e ben condotto. E i primi gesti materni Maria li sa fare
d'istinto, come ogni donna», scrive René Laurentin nella sua "Vita autentica di
Gesù Cristo". L'accenno al «figlio primogenito» non deve trarre in inganno e far
supporre che la Madonna abbia avuto altri bambini: "figlio primogenito" (in
ebraico "bekor") è, infatti, un termine tecnico, di particolare importanza
giuridica, perché il primogenito ebreo doveva essere presentato al Tempio,
circostanza che Luca descrive nei capitoli successivi.
Il Messia d'Israele viene, dunque, al mondo nella semioscurità di un'appartata
grotta scavata nella roccia. È un sovrano così diverso dall'Erode che regna su
Gerusalemme circondato di lussi nel suo palazzo dorato. Ma anche quel bambino
indifeso, quel re d'Israele nato in circostanze così umili, ebbe l'omaggio dei
suoi primi "cortigiani". Sudditi di condizione sociale non molto differente da
quella dello stesso re Davide, già pastore di pecore. Betlemme sorgeva e sorge
al limitare della steppa. Se è vero che molti capi di bestiame la notte venivano
fatti rientrare nelle grotte, è altrettanto vero che molte greggi rimanevano
continuamente all'aperto, giorno e notte, estate e inverno. Gruppi di uomini li
sorvegliavano e vivevano con loro per tutto il tempo. «Pecorai di tal genere -
scrive il Ricciotti - riscuotevano una pessima reputazione presso i Farisei e
gli Scribi: in primo luogo la loro stessa vita nomade nella steppa scarseggiante
d'acqua li rendeva lerci, fetenti, ignari di tutte le fondamentalissime leggi
sulla lavanda delle mani, sulla purità delle stoviglie, sulla scelta dei cibi.
Essi più di chiunque altro costituivano quel "popolo della terra" che era degno
per i Farisei del più cordiale disprezzo; inoltre passavano per ladri tutti
quanti, e si consigliava di non comperare da loro né lana né latte che potevano
essere cose refurtive».
Il bambino in fasce
«C'erano in quella regione alcuni pastori che vegliavano di notte facendo la
guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò davanti a loro e la
gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande spavento, ma
l'angelo disse loro: "Non temete, ecco, vi annunzio una grande gioia, che sarà
di tutto il popolo: oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il
Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce,
che giace in una mangiatoia". E subito apparve con l'angelo una moltitudine
dell'esercito celeste che lodava Dio e diceva: "Gloria a Dio nel più alto dei
cieli e pace in terra agli uomini che egli ama". Appena gli angeli si furono
allontanati per tornare al cielo, i pastori dicevano tra loro: "Andiamo fino a
Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere".
Andarono dunque senza indugio e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, che
giaceva nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che di quel
bambino era stato detto loro. Tutti quelli che udirono, si stupirono delle cose
che i pastori dicevano. Maria, da parte sua, serbava tutte queste cose,
meditandole nel suo cuore» (Lc 2,8-20). L'Altissimo fatto carne, l'avvenimento
(Luca usa il termine "rhema", che ricalca l'ebraico "dabar" e ha il doppio
significato di "parola" e "avvenimento") che divide in due la storia dell'uomo,
il Messia tanto atteso dal fedele popolo d'Israele si manifesta innanzitutto ai
pastori "lerci e fetenti", progenie di quel re-pastore che fu Davide. È
l'imperscrutabile metodo di Dio, così diverso e lontano da ogni immaginazione
umana: l'infinitamente grande abbraccia l'infinitamente piccolo. Avvertiti
dall'angelo, i pastori accorrono alla grotta. «Essendo poveri di denaro ma
signori di spirito - fa osservare ancora il Ricciotti - non chiedono nulla, e
ritornano senz'altro alle loro pecore: soltanto sentirono un gran bisogno di
lodare Dio e di far sapere ad altri del posto quanto era accaduto». Avranno
lasciato, ai piedi del neonato, un po' di lana e un po' di latte. Quei prodotti
che i Farisei consideravano refurtiva.
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