Su
un sarcofago del IV secolo in Sicilia compare l'immagine del Presepe
Sono in tre, avanzano in processione, portano doni al Bambino e indossano il
berretto frigio. Non c'è dubbio, sono loro: i Magi. La loro immagine -
accompagnata a quella che potrebbe essere una delle primissime raffigurazioni
della Sacra Famiglia nella grotta di Betlemme - appare per ben due volte sulle
pareti del sarcofago di Adelfia, il capolavoro dell'arte paleocristiana in
Sicilia che in questi giorni è al centro di «Et lux fuit», la bella mostra
documentaria allestita nella Cappella Sveva dell'Arcivescovado di Siracusa [...]
Scoperto nel luglio del 1872 nelle catacombe di San Giovanni a Siracusa, il
prezioso sarcofago in marmo del IV secolo conservava i corpi del «comites»
Valerio e della moglie Adelfia. Si tratta del più importante reperto di
archeologia cristiana in terra siciliana: una vera e propria cattedrale in
miniatura, sulle cui pareti sono raffigurati gli episodi salienti della Storia
della salvezza. La stessa Adelfia - oltre ad apparire nel ritratto centrale in
compagnia dello sposo - viene ritratta nell'atto di attingere alle fonti della
salvezza e mentre si presenta davanti al trono di Cristo, che in questa immagine
assume anche il significato simbolico della Sapienza del Padre.
Scorrono le sequenze del sacrificio di Isacco e della moltiplicazione dei pani e
dei pesci, dell'ingresso di Gesù a Gerusalemme e della consegna delle Tavole a
Mosè, del miracolo delle nozze di Cana e del canto dei giovani nella fornace, in
una continua, fitta tramatura fra episodi dell'Antico e del Nuovo Testamento.
Una «lectio» per immagini che già anticipa, per molti aspetti, l'interpretazione
figurale (il Nuovo Testamento come inveramento dell'Antico, che già ne annuncia
le verità) che verrà poi sviluppata nel corso del Medioevo.
"La scena dell'adorazione dei Magi ricorre due volte - osserva il professor
Claudio Calvano, che ha partecipato all'allestimento della mostra traducendo,
tra l'altro, alcuni testi di Prudenzio e Giovenco, poeti cristiani latini
contemporanei alla costruzione del sarcofago -. Sul coperchio vediamo una scena
in cui i tre saggi venuti dall'Oriente, caratterizzati dal cappello frigio,
adorano un bambino avvolto in fasce e deposto su una mangiatoia. Uno di loro
tende un braccio per indicare una stella con sette raggi, mentre reca un piatto
con la corona d'oro. Gli altri due portano i grani d'incenso e le fiale della
mirra. Ritroviamo la scena sotto il clipeo, con figure di proporzioni ridotte
per mancanza di spazio. La Madonna appare adesso seduta su una cattedra e tiene
in braccio il Bambino, che si protende nell'atto di ricevere la corona d'oro
gemmata offerta dal primo dei tre Magi".
In entrambi i casi a fianco della Vergine appare una figura maschile che
potrebbe rappresentare san Giuseppe oppure uno dei pastori giunti per
l'adorazione. La stessa incertezza riguarda, del resto, le scene analoghe che
incontriamo, per esempio, nel cosiddetto «sarcofago della Natività» conservato
presso il museo di Arles (un manufatto di datazione incerta, ma comunque coevo
rispetto all'opera in mostra a Siracusa) e nella lastra del loculo di Severa,
una lapide del 330 circa che fa parte della dotazione dei Musei vaticani. Se in
quest'ultimo caso i personaggi sono disposti in modo quasi identico a quello del
sarcofago di Adelfia, il monumento di Arles dispone la scena su due piani,
relegando i Magi in basso rispetto alla vignetta della Natività, nella quale
compaiono altri due «personaggi» destinati ad avere grande fortuna nei
successivi presepi: il bue e l'asino.
Spiega Calvano: "La presenza di questi animali richiama la profezia di Abacuc:
«Il Signore sarà riconosciuto in mezzo a due animali». Anche Isaia mette in
bocca al Signore il seguente lamento: «Il bue conosce il suo proprietario e
l'asino il presepio del suo padrone, ma Israele non mi conosce e il mio popolo
non mi intende». I Padri della Chiesa fanno riferimento in genere al secondo
profeta. Il bue e l'asino non sono soltanto un indice della modestia del
Creatore che si fa uomo, ma racchiude anche un'allusione al simbolismo teologico
animale".
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