Viene ancora dall'archeologia
un'altra serie di strane testimonianze. Noi oggi sappiamo con sicurezza che la
più celebre astrologia del mondo antico, quella babilonese, non soltanto era
anch'essa in attesa del Messia dalla Palestina. Ma ne aveva previsto la data con
una precisione ancor maggiore di quella degli esseni. Ecco qui di seguito la
vicenda: libero ciascuno di trarne le conclusioni che gli pare.
Tutto parte dalla stella (il testo non parla mai di cometa, come molti credono)
che avrebbe brillato nel cielo di Betlemme alla nascita di Gesù e dal
conseguente arrivo di certi magi dall'Oriente. Così, almeno, quanto si racconta
nel vangelo di Matteo.
Non si è naturalmente raggiunta la certezza che le cose si siano davvero svolte
come raccontato da Matteo, né si giungerà mai a questa sicurezza: è però certo
che l'ipotesi che si tratti di un racconto simbolico deve fare i conti con una
serie di scoperte effettuate nell'arco degli ultimi tre secoli.
Pare intanto provato ormai scientificamente che gli astrologi babilonesi (quasi
certamente i magi di Matteo) attendevano la nascita del «dominatore del mondo» a
partire dall'anno 7 a.C. Questa data, con l'anno 6 a.C., è tra quelle che gli
studiosi danno come più sicure per la nascita di Gesù. Il monaco Dionigi il
Piccolo, infatti, calcolando nel 533 l'inizio della nuova era, si sbagliò e
posticipò di circa 6 anni la data della Natività.
In questa luce, acquistano nuovo suono i due versetti del secondo capitolo di
Matteo: «Nato Gesù in Betlemme di Giuda, al tempo del re Erode, ecco dei magi
arrivare dall'oriente a Gerusalemme, dicendo: "Dov'è nato il re dei Giudei?
Abbiamo veduto la sua stella in Oriente e siamo venuti ad adorarlo"».
Ecco le tappe che avrebbero portato a chiarire il perché dell'arrivo e della
domanda dei magi. Una vicenda che ha quasi il sapore di un «giallo».
Nel dicembre del 1603 il celebre Keplero, uno dei padri dell'astronomia moderna,
osserva da Praga la luminosissima congiunzione (l'avvicinamento, cioè) di Giove
e Saturno nella costellazione dei Pesci. Keplero, con certi suoi calcoli,
stabilisce che lo stesso fenomeno (che provoca una luce intensa e vistosa nel
cielo stellato) deve essersi verificato anche nel 7 a.C. Lo stesso astronomo
scopre poi un antico commentario alla Scrittura del rabbino Abarbanel che
ricorda come, secondo una credenza degli ebrei, il Messia sarebbe apparso
proprio quando, nella costellazione dei Pesci, Giove e Saturno avessero unito la
loro luce.
Pochi diedero qualche peso a queste scoperte di Keplero: prima di tutto perché
la critica non aveva ancora stabilito con certezza che Gesù era nato prima della
data tradizionale. Quel 7 a.C., dunque, non «impressionava». E poi anche perché
l'astronomo univa troppo volentieri ai risultati scientifici le divagazioni
mistiche.
Oltre due secoli dopo, lo studioso danese Münter scopre e decifra un commentario
ebraico medievale al libro di Daniele, proprio quello delle «settanta
settimane». Münter prova con quell'antico testo che ancora nel Medio Evo per
alcuni dotti giudei la congiunzione Giove-Saturno nella costellazione dei Pesci
era uno dei «segni» che dovevano accompagnare la nascita del Messia. Si ha così
una riprova della credenza giudaica segnalata da Keplero che, con le «date» di
Giacobbe e di Daniele, può avere alimentato l'attesa ebraica del primo secolo.
Nel 1902 è pubblicata la cosiddetta Tavola planetaria, conservata ora a Berlino:
è un papiro egiziano che riporta con esattezza i moti dei pianeti dal 17 a.C. al
10 d.C. I calcoli di Keplero (già confermati del resto dagli astronomi moderni)
trovano una conferma ulteriore, basata addirittura sull'osservazione diretta
degli studiosi egiziani che avevano compilato la «tavola». Nel 7 a.C. si era
appunto verificata la congiunzione Giove-Saturno ed era stata visibilissima e
luminosissima su tutto il Mediterraneo.
Infine, nel 1925 è pubblicato il Calendario stellare di Sippar. E' una tavoletta
in terracotta con scrittura cuneiforme proveniente appunto dall'antica città di
Sippar, sull'Eufrate, sede di un'importante scuola di astrologia babilonese. Nel
«calendario» sono riportati tutti i movimenti e le congiunzioni celesti proprio
del 7 a.C. Perché quell'anno? Perché, secondo gli astronomi babilonesi, nel 7
a.C. la congiunzione di Giove con Saturno nel segno dei Pesci doveva verificarsi
per ben tre volte: il 29 maggio, il 1° ottobre e il 5 dicembre. Da notare che
quella congiunzione si verifica soltanto ogni 794 anni e per una volta sola: nel
7 a.C., invece, si ebbe per tre volte. Anche questo calcolo degli antichissimi
esperti di Sippar fu trovato esatto dagli astronomi contemporanei.
Gli archeologi hanno infine decifrato la simbologia degli astrologi babilonesi.
Ecco i loro risultati: Giove, per quegli antichi indovini, era il pianeta dei
dominatori del mondo. Saturno il pianeta protettore d'Israele. La costellazione
dei Pesci era considerata il segno della «Fine dei Tempi», dell'inizio cioè
dell'era messianica.
Dunque, potrebbe essere qualcosa di più di un mito il racconto di Matteo
dell'arrivo dall'Oriente a Gerusalemme di sapienti, di magi, che chiedono «Dov'è
nato il re dei giudei?».
E' ormai certo, infatti, che tra il Tigri e l'Eufrate non solo si aspettava
(come in tutto l'Oriente) un Messia che doveva giungere da Israele. Ma che si
era pure stabilito con stupefacente sicurezza che doveva nascere in un tempo
determinato.
Quel tempo in cui, per i cristiani, il «dominatore del mondo» è veramente
apparso.
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