La vera storia della nascita di
Gesù
Le tracce anagrafiche di Gesù ci portano sul Campidoglio di Roma, da dove si
gode una veduta mozzafiato dei Fori imperiali. Il fazzoletto di terra tra il
Tabularium - che sta alle fondamenta dell'attuale municipio - e l'Aerarium del
Tempio di Saturno, duemila anni fa era il centro del mondo. In quel punto erano
custoditi i documenti del censimento di Augusto, secondo Tertulliano "teste
fedelissimo della natività di Nostro Signore".
Era lì dunque la registrazione anagrafica della nascita - fatta da due giovani
ebrei - di un bambino chiamato Yehòshua', Gesù, che significava "Dio salvatore".
Incendi e distruzioni hanno perduto quei documenti. Sempre lì dovette trovarsi
anche la relazione a Tiberio che Ponzio Pilato scrisse verso il 35 d.C. per
giustificare processo ed esecuzione dello stesso Gesù. Da cui venne la proposta
di Tiberio al Senato di riconoscere quel Gesù come dio, ossia di legittimare il
culto di Cristo che si stava diffondendo. Il Senato rispose di no. La notizia è
contenuta in un passo dell'Apologetico (V,2) di Tertulliano ed è stata
recentemente dimostrata attendibile da un'autorevole storica, Marta Sordi.
Ma torniamo a quel censimento. Negli studi della "Scuola di Madrid" -
sintetizzati nel libro "La vita di Gesù" di Josè Miguel Garcia - trova soluzione
anche il problema cronologico del censimento che finora non si sapeva quando
collocare e pareva storicamente dubbio.
Perché Giuseppe e Maria devono andare a Betlemme il cui nome, beth-lehem, in
ebraico significa "città del pane"? Perché Erode, per conto dei romani, ha
imposto un giuramento-censimento. Le autorità di Betlemme pretendono che della
famiglia di Davide non manchi nessuno: Giuseppe è un discendente dell'antico
casato reale che è tenuto particolarmente d'occhio. Soprattutto in questi anni
nei quali - a causa di alcune profezie e di alcuni segni - si è fatta fortissima
l'idea che il Messia stia per arrivare. Si sa infatti che il "liberatore" che
gli ebrei aspettano è di sangue reale. E dunque quelli della famiglia di Re
David sono tutti "sospetti".
E' per queste origini che la famiglia di Gesù, pur essendo diventata modesta e
umile, custodisce gelosamente le genealogie che non a caso si trovano riportate
nei vangeli. Genealogie che raccontano storie terribili, su cui i vangeli non
sorvolano affatto. Tanto da stupire quel poeta cattolico che fu Charles Péguy:
"bisogna riconoscerlo, la genealogia carnale di Gesù è spaventosa... E' in parte
ciò che dà al mistero dell'Incarnazione tutto il suo valore, tutta la sua
profondità, tutto il suo impeto, il suo carico di umanità. Di carnale". Secondo
uno studio recente nelle origini familiari di Gesù troviamo la stessa tribù
discendente da Caino, il primo omicida della storia. In Numeri 24, 21 si dice
che i Qeniti sono i discendenti di Caino, verranno assorbiti dal popolo ebraico
e la loro terra è dove poi sorgerà Betlemme. In un passo successivo (34,19) con
Giosuè sono raccolti, per la spartizione della terra conquistata, i capi delle
dodici tribù d'Israele. A capo della tribù di Giuda sta Kaleb detto il Qenizita,
a cui Giosuè assegna una porzione della terra di Giuda. I Qeniti, spiega Tommaso
Federici, sono dunque "una sottotribù di Giuda, la loro terra sta nella 'parte
montagnosa', con capitale Hebron. Essa comprendeva la Betlemme di Kaleb,
attraverso la sua sposa Efrata". Dunque "i Davididi sono i Qeniti o Cainiti".
Ecco - commenta Federici "sopra quale abisso è disceso l'Immortale Eterno per
assumere la carne dei peccatori. Cristo Signore così riassume in sé ogni Caino
d'ogni tempo, per salvarlo". Gesù dunque è "il segno" che Dio aveva posto sopra
Caino "per cui questi ha salva la vita". Nel profeta Isaia leggiamo infatti:
"Egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori... è
stato trafitto per i nostri delitti, schiacciato per le nostre iniquità. Il
castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui; per le sue piaghe noi siamo
stati guariti". Nello stesso ceppo familiare di Gesù sono riassunti "sia
Israele, sia Giuda, sia i pagani ed i peccatori più lontani. Di fatto" spiega
Federici "a Betlemme, Booz, antenato di David, sposando Rut la Moabita, dunque
pagana e idolatra, l'inserisce a pieno titolo nel popolo di Dio, tanto che
diventa antenata di David".
La predilezione di Dio non è caduta sui migliori, ma su dei peccatori. Fra i
figli di Giacobbe viene scelto Giuda, il quartogenito, uno dei fratelli che
avevano venduto Giuseppe. Uno la cui moralità crolla platealmente nell'unione
con la nuora, Tamar, unione da cui discende legalmente Gesù. Della sua
genealogia fanno parte poi dei re idolatri, immorali e qualcuno criminale. Lo
stesso Davide, il più grande dei re e il più amato da Dio, commette peccati e
delitti spaventosi. Le donne della genealogia di Gesù scriveva il cardinale Van
Thuan "colpiscono per le loro storie, sono donne che si trovano tutte in una
situazione irregolare e di disordine morale: Tamar è una peccatrice, che con
l'inganno ha avuto una unione incestuosa col suocero Giuda; Raab è la prostituta
di Gerico che accoglie e nasconde le due spie israelite inviate da Giosuè e
viene ammessa nel popolo ebraico; Rut è una straniera; della quarta donna...
'quella che era stata moglie di Urìa', si tratta di Betsabea, la compagna di
adulterio di David".
Sembra una storia terribile, eppure è la storia della salvezza. La storia da cui
è nato Gesù che ha voluto riservarsi - totalmente puri e santi - solo gli ultimi
rampolli di quei clan familiari: Maria e Giuseppe. Che dunque arrivano a
Betlemme dove nasce Gesù. A lungo si è ritenuto che il 25 dicembre fosse una
data convenzionale, scelta per contrastare le feste pagane del Natale Solis
invicti (da identificare forse con Mitra, forse con l'imperatore romano). Ma
recentemente una scoperta archeologica fatta tra i papiri di Qumran ha
clamorosamente suggerito la possibile esattezza di quella data. Dal "Libro dei
Giubilei" uno studioso israeliano, Shemarjahu Talmon ha ricostruito la
successione dei 24 turni sacerdotali relativi al servizio nel Tempio di
Gerusalemme e ha scoperto che "il turno di Abia" corrispondeva all'ultima
settimana di settembre.
Notizia importante perché si lega a una informazione cronologica del Vangelo di
Luca (1,5) secondo cui Zaccaria, il padre di Giovanni Battista e marito di
Elisabetta, appartenente alla tribù sacerdotale di Abia, vide l'angelo, che
annunciava il concepimento di Giovanni, proprio mentre "officiava davanti al
Signore nel turno della sua classe". Quindi a fine settembre.
Il rito bizantino che da secoli fa memoria dell'annuncio a Zaccaria il 23
settembre deriva dunque da un'antica memoria, forse una tradizione orale. La
Chiesa tutta poi celebra nove mesi dopo la nascita del Battista e tutta la
liturgia cristiana è impostata su questa data giacché Luca (1, 26) spiega che
l'annuncio a Maria avviene quando Elisabetta era al sesto mese di gravidanza. In
effetti la Chiesa celebra l'Annunciazione il 25 marzo e il Natale del Signore
nove mesi dopo, il 25 dicembre (lo attesta già un calendario liturgico del 326
d.C.). Ne discende che se ha fondatezza storica l'annuncio a Zaccaria il 23
settembre, a catena - come ha dimostrato Antonio Ammassari - acquisiscono
storicità anche la data dell'Annunciazione e quella del Natale.
Dal recente libro di Garcia si apprende pure la verità sul luogo della nascita
di Gesù. Il contesto deve essere non una grotta, ma la grande casa paterna di
Giuseppe a Betlemme. "Tali case erano costituite da un'unica grande stanza, dove
le persone occupavano una specie di piattaforma rialzata, mentre in un'estremità
si trovavano gli animali di cui la famiglia aveva bisogno per lavorare. E per
questi animali era ovvio che ci fosse una mangiatoia".
Probabilmente Giuseppe e la giovane partoriente, per avere un po' di
riservatezza e più caldo, furono alloggiati in questa parte della casa e il
bambino fu posto in quella mangiatoia. E' con una storia così ordinaria, così
normale, che Dio - per i cristiani - è venuto nel mondo. E con lui la bellezza,
la bontà e la salvezza. Incontrarlo è il senso della vita. Scrive Péguy: "Felici
coloro che bevevano lo sguardo dei tuoi occhi".
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