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LA MEDITAZIONE (3/3)
ci che faceva il vecchio monaco con il giovane filosofo, insegnandogli un metodo di meditazione che certi avrebbero potuto considerare come "puramente naturale". La montagna, il papavero, l'oceano, l'uccello. Altrettanti elementi della natura che ricordano all'uomo, che prima di andare lontano, deve cogliere i diversi livelli dell'essere, o meglio i diversi regni di cui composto il macrocosmo. Il regno minerale, il regno vegetale, il regno animale. L'uomo ha perso il contatto con il cosmo, con la roccia, con gli animali e questo non senza provocare in lui ogni sorta di malesseri: malattie, insicurezza, ansiet. Egli si sente "di troppo", estraneo al mondo. Meditare prima di tutto entrare nella meditazione e nella lode dell'universo, perch, dicevano i padri, "tutte queste cose sanno pregare prima di noi". L'uomo il luogo dove la preghiera del mondo prende coscienza di se stessa. L'uomo esiste per dare un nome a ci che le creature lodano balbettando. Con la meditazione di Abramo, noi entriamo in una nuova e pi alta coscienza , che si chiama fede, ossia l'adesione dell'intelligenza e del cuore a quel "TU" che "E'", che traspare nella molteplice intimit di tutti gli esseri. Tali sono l'esperienza e la meditazione di Abramo: dietro il fremito delle stelle vi qualcosa di pi che le stelle, una "Presenza" difficile da nominare, che nessuno pu chiamare per nome e che tuttavia ha tutti i nomi. qualcosa di pi dell'universo e che tuttavia non pu essere compreso se non nell'universo. La differenza fra Dio e la natura la differenza che vi fra l'azzurro del cielo e l'azzurro di uno sguardo. Al di l di tutti gli azzurri, Abramo era alla ricerca di quello sguardo. Dopo aver appreso la positura tranquilla e immobile, l'abbarbicamento, il positivo orientamento verso la Luce, il respiro degli oceani, il canto interiore, il giovane era invitato ad un risveglio del cuore. "Ecco, tutto ad un tratto sei qualcuno". proprio del cuore, effettivamente, personalizzare ogni cosa e, in questo caso, personalizzare l'Assoluto, la Sorgente di tutto ci che vive e respira, darle un nome, chiamarla "Mio Dio, Mio Creatore" e camminare alla sua presenza. Per Abramo meditare mantenere il contatto con questa "Presenza" sotto le apparenze pi svariate. Questa forma di meditazione entra nei dettagli concreti della vita di ogni giorno. L'episodio della quercia di Mamre, ci mostra Abramo "seduto all'entrata della tenda, nell'ora pi calda del giorno", e l accoglie tre stranieri che si rivelano essere degli inviati di Dio. "Meditare come Abramo, diceva Padre Serafino, praticare l'ospitalit; il bicchiere d'acqua che dai a colui che ha sete non ti allontana dal silenzio, ma ti avvicina alla sorgente". "Meditare come Abramo non soltanto risveglia in te la pace e la Luce, ma anche l'Amore per tutti gli uomini". E Padre Serafino gli lesse quel famoso passo dal libro della Genesi, dove si parla dell'intercessione di Abramo. Abramo stava davanti a YHWH, "Colui che che era che sar", gli si avvicin e disse: "Davvero sterminerai il giusto con l'empio Forse vi sono cinquanta giusti nella citt: davvero li vuoi sopprimere E non perdonerai quel luogo, per riguardo ai cinquanta giusti che vi si trovano?. Poco dopo Abramo dovette ridurre il numero dei giusti perch Sodoma non venisse distrutta. "Non si adiri il mio Signore se parlo ancora una volta sola; forse l se ne trovano dieci." (Gen.18,23) Meditare come Abramo vuol dire intercedere per la vita degli uomini, non ignorare nulla della loro putredine e tuttavia "mai disperare della misericordia di Dio". Questo genere di meditazione libera il cuore da ogni giudizio e da ogni condanna, sempre e ovunque; pur di fronte a infiniti orrori, egli chiede sempre perdono e benedizione. Meditare come Abramo conduce ancora pi lontano. Le parole facevano fatica a uscire dalla gola del Padre Serafino, come se questi avesse voluto risparmiare al giovane un'esperienza attraverso la quale lui stesso era stato costretto a passare e che ridestava nella sua memoria un sottile tremore: "Ci pu condurre fino al Sacrificio." egli cit il passo della Genesi in cui Abramo si mostra pronto a sacrificare il proprio figlio Isacco. "Tutto appartiene a Dio, continu in un mormorio Padre Serafino. Tutto suo, viene da lui ed per lui"; meditare come Abramo ti conduce alla totale spoliazione di te stesso e di ci che hai di pi caro.qualcosa a cui tieni particolarmente, con cui identifichi il tuo io". Per Abramo si trattava del suo unico figlio; se tu sei capace di questo dono, di questo totale abbandono, di questa infinita fiducia in Colui che trascende ogni ragione e ogni buon senso, tutto ti sar reso al centuplo: "Dio provveder". Meditare come Abramo avere nel cuore e nella coscienza "nient'altro che Lui". Quando sal in cima alla montagna Abramo pensava solo a suo figlio. Quando ridiscese non pensava che a Dio. Passare attraverso la vetta del sacrificio e scoprire che niente appartiene all'IO. Tutto appartiene a Dio. la morte dell'ego e la scoperta del SE'. Meditare come Abramo aderire con la fede a Colui che trascende l'universo, praticare l'ospitalit intercedere per la salvezza di tutti gli uomini. dimenticare se stessi spezzare i legami, anche i pi leggittimi, per scoprire se stessi, il nostro prossimo e tutto l'universo abitato dalla presenza infinita di "Colui che, solo È".
Il giovane un giorno venne a lui e gli chiese: "Padre, perch non mi parlate mai di Ges Quale era la sua preghiera personale, la sua forma di meditazione Nella liturgia, nei sermoni non si parla che di lui. Nella preghiera del cuore, quale se ne parla nella Filocalia, occorre invocare il suo nome. Perch non me ne dite nulla Padre Serafino sembr turbato. Come se il giovane gli domandasse qualcosa di indecente, come se fosse costretto a rivelargli il suo segreto. Pi grande la rivelazione che si ricevuta, pi grande dev'essere l'umilt per trasmetterla. Indubbiamente egli non si sentiva abbastanza umile: "Questo, soltanto lo Spirito Santo pu insegnartelo. Nessuno sa chi il Figlio se non il Padre, n chi il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare (Lc 10,22). Devi diventare figlio per pregare come il Figlio e avere con Colui che Egli chiama suo e nostro Padre le stesse relazioni d'intimit, e questa opera dello Spirito Santo. Egli ti ricorder tutto ci che Ges ha detto. Il Vangelo diventer vivo in te e ti insegner a pregare nel modo giusto". Il giovane insiste: "Ditemi ancora qualcosa". Il vecchio gli sorrise, "Ora, disse, farei meglio a latrare. Ma tu prenderesti ancora questo come un segno di santit. meglio che io ti dica le cose semplicemente. "Meditare come Ges ricapitolare tutte le forme di meditazione che ti ho insegnato fino ad ora. Ges l'uomo cosmico. Sapeva meditare come la montagna, come il papavero, come l'oceano, come la tortora. Sapeva anche meditare come Abramo. Il suo cuore senza limiti amava persino i suoi nemici, i suoi carnefici: "Padre, perdonali perch non sanno quello che fanno". Praticava l'ospitalit verso i malati, peccatori, paralizzati, prostitute.La notte si ritirava a pregare, nel segreto, e l mormorava come un bambino "Abb" che vuol dire "pap". Ti potr sembrare irriverente chiamare "pap" il Dio trascendente, infinito, innominabile! Ti potr sembrare quasi puerile, eppure questa era la preghiera di Ges, e in questa semplice parola "Abb" era detto tutto. Il cielo e la terra diventavano terribilmente vicini. Dio e l'uomo formavano una cosa sola. Bisogna, forse, aver chiamato nella notte "pap" per capire.ma pu darsi che, oggi, queste intime relazioni di un padre e di una madre con il loro figlio non dicano pi niente. Forse una cattiva immagine. per questo che preferirei non dirti nulla, non usare immagini e aspettare che lo Spirito Santo metta in te i sentimenti e la conoscenza che erano in Cristo Ges e che questo" Abb "non rimanga a fior di labbra ma venga dal profondo del cuore. Quel giorno comincerai a comprendere che cosa la preghiera e la meditazione degli "esicasti".
Il giovane rimase ancora alcuni mesi sul Monte Athos. La preghiera di Ges lo trasportava negli abissi, talvolta al limite di una certa "follia". "Non pi io vivo, Cristo che vive in me", poteva dire con San Paolo. Delirio di umilt, d'intercessione, di desiderio "che tutti gli uomini siano salvi e giungano alla piena conoscenza della verit". Diventava Amore, diventava fuoco. Il roveto ardente non era pi, per lui, una metafora, ma realt: "Ardeva eppure non si consumava". Strani fenomeni di Luce succedevano nel suo corpo. Certi dicevano di averlo visto camminarte sull'acqua o di averlo sorpreso mentre stava seduto, immobile, a trenta chilometri da terra.Questa volta Padre Serafino latr: "Basta, adesso va!2, e gli intim di lasciare l'Athos e di ritornare a casa; l avrebbe visto che cosa restava delle sue belle meditazioni esicastiche. Il giovane part, ritorn in Francia. Lo trovarono piuttosto smagrito e non videro niente di molto spirituale nella sua barba lunga e sporca e nella sua aria trasandata.Ma la vita della citt non gli fece dimenticare l'insegnamento ricevuto nel monastero. Quando si sentiva troppo agitato per la tirannia del tempo, andava a sedersi come una montagna sulla terrazza di un caff. Quando sentiva in se l'orgoglio, la vanit, si ricordava del papavero, "ogni fiuore appassisce", e nuovamente il suo cuore si volgeva verso la Luce che non muore. Quando la tristezza, la collera, il disgusto invadevano la sua anima, respirava profondamente, come un oceano, riprendeva fiato nel respiro di Dio, invocava il suo Nome e mormorava:"Kyrie eleison." Quando notava la sofferenza degli uomini, la loro cattiveria, e sentiva la propria impotenza nel cambiare le cose, si ricordava della meditazione di Abramo. Quando era calunniato e di lui si diceva ogni sorta di malignit, era felice di meditare come il Cristo. Esteriormente, era un uomo come gli altri. Non cercava di avere !l'aria di un santo".Aveva perfino dimenticato di praticare il metodo di adorazione esicastica, semplicemente cercava di amare Dio, istante per istante, e di camminare alla sua "Presenza". Un pensiero per concludereNon fuggiamo da noi stessi, ma incontriamoci e parliamo con l'essere che in noi, cercando di comprendere ogni nostra tensione, sofferenza, paura e angoscia e portiamole nel cuore, dove si trasformeranno in armonia, felicit e amore. Amare, significa volere che gli altri siano felici, una qualit naturale della mente che per rimane limitata. Se ci mettiamo in contatto con il centro del cuore, scopriremo che possibile volere veramente, oltre la nostra felicit, che anche gli altri siano felici, qualunque sia il rapporto che hanno con noi, noi abbiamo la potenzialit di inviare amore e serenit a tutti gli esseri viventi, anche a quelli che ci odiano, ci combattono o ci creano problemi e tensioni. Manteniamo la mente aperta, cercando di vincere gli atteggiamenti pregiudiziali dell'ego e lasciamo spazio nel nostro cuore per sviluppare un amore puro e universale.
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A.C.R.O. - Gruppo di Studi Rosacrociani di Roma -
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