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GESÙ DI NAZARETH E IL SIGNORE CRISTO
Relazione a cura di Mario Rizzi (sito www.viveremeglio.org). Penso che il personaggio più discusso negli ultimi 2000 anni
sia Gesù di Nazareth, detto il Cristo. Ciò malgrado ben pochi possono dire di
sentirlo familiare come "uno di casa". Ho conosciuto alcuni praticanti
cristiani che, a parole, conoscevano il Cristo nei più intimi dettagli ma che,
trovandosi a fronteggiare una pesante crisi, sia essa di salute, finanziaria o
affettiva, non hanno saputo trovare in lui quella presenza amica quel
conforto tanto declamato. La riprova a quanto sopra la troviamo pure nel considerevole
numero di persone, troppe forse, che dicono di avere pregato per anni senza aver
ottenuto la grazia desiderata. Esse sono state di certo animate da buone
intenzioni ma probabilmente è mancata quella fede, ovvero fiducia, che può
nascere solo da un rapporto di intima conoscenza ed amicizia. Personalmente ritengo che Gesù il Cristo sia un personaggio
troppo dissimile dalle nostre comuni caratteristiche per poter essere facilmente
considerato come un intimo amico. La massima "Così in alto così in
basso" ci porta a comprendere quanto sia difficile un rapporto di amicizia
con Lui, che non abbiamo mai conosciuto, quando vi sono già notevoli
difficoltà nel considerare amica una persona che conosciamo e frequentiamo da
anni. Gesù si presenta talmente diverso, e pertanto
incomprensibile, da ricordarmi i consuntivi annuali delle grandi aziende dove
compaiono numeri con nove o dieci zeri e che per noi, abituati ad una ben più
modesta economia, non hanno quella realtà che gli esperti invece gli
attribuiscono. Per realtà si intende infatti ciò su cui si è d'accordo.
Tutto è relativo; l'essere d'accordo su una cosa significa perciò vederla
nello stesso modo e ciò permette di parlarne e di scambiarsi le proprie
opinioni al proposito. Tra figli e genitori manca spesso la realtà, intesa in
questo senso, ed allora il rapporto si deteriora e la comunicazione si
assottiglia sempre di più. Affinché la comunicazione possa esistere, e sostenersi nel
tempo, è necessario che vi sia un comune accordo sulla realtà in esame. Ciò
con Gesù non accade; la sua realtà è quella di aiutare gli altri al
prezzo di umiliazioni e del sacrificio cruento della sua stessa vita. La nostra
realtà considera sempre con estrema cautela ogni forma di sacrificio a favore
degli altri. Tempo, danaro e disponibilità vengono sempre filtrati dall'egoismo
personale e le monetine che ancora vengono date nella questua domenicale
illustrano assai bene questa situazione. Chi va in chiesa alla domenica per l'incontro settimanale con
il Salvatore, il grande amico di tutta l'umanità, e fratello maggiore di
ognuno di noi, non gli offre neppure un cappuccino con una brioche. Non si
capisce bene il perché. Probabilmente il parroco non viene ritenuto un buon
amministratore, o il Vaticano stesso viene citato in concorso di colpa in quanto
non si decide a vendere i suoi tesori a favore dei poveri. Resta il fatto che ad un amico il cappuccino si offre, a
volte anche un pranzo. Con Gesù il Cristo questo non accade: tempo e danaro
sono ben calcolati, poche lire e tre quarti d'ora settimanali sono ciò che una
normale amministrazione del cristiano contempla in suo favore. Eppure quante
volte ci si rivolge a lui per chiedere qualcosa e poi ci si chiede stupiti
perché non si ottiene il riscontro desiderato... Alla domenica la chiesa si riempie, a volte non vi è neppure
il posto a sedere. Penso che il Cristo, dall'altare, si illuda ogni volta che
siano venuti per Lui. Per offrire con Lui il grande sacrificio eucaristico in
modo che esso trovi il massimo favore del Padre celeste e porti ai partecipanti
prima, ed al mondo intero poi, il misericordioso perdono per le tante
trasgressioni fatte contro le leggi da Lui emanate. Tutto ciò, purtroppo, non è reale per la maggioranza delle
persone. Per loro un Padre che permette al figlio Unigenito di sacrificarsi per
duemila anni a favore di un popolo dalla dura cervice è fuori dai
modelli abituali. La partecipazione viene allora a mancare e le persone
aspettano soltanto che la Messa sia terminata per ritornare nel mondo che le
aspetta con i suoi molteplici ed inderogabili impegni. E Gesù, dall'alto
dell'altare, le osserva mentre si accalcano all'uscita. Ancora una volta si era
illuso che venissero per stare un poco con Lui, invece no, hanno timbrato il
cartellino per mettersi a posto la coscienza con il parroco o con i genitori,
oppure con se stessi, e se ne vanno in perfetta buona fede. Pochi veramente conoscono chi è, e cosa fa', Gesù il
Cristo. Notate che non uso il solito tempo passato "chi era e che cosa ha
fatto" ma il presente, perché Gesù il Cristo non è un personaggio
dei tempi lontani ma una presenza viva e attuale. Vediamo di tracciare un breve
profilo di questo grande Maestro e dello scopo della sua missione. Il nostro pianeta, oltre all'atmosfera fisica, che tutti
possono percepire, possiede pure una atmosfera sottile che viene chiamata
Mondo astrale o Mondo del desiderio, che rappresenta l'ambiente emozionale dove
ognuno di noi ha un suo spazio che, pur essendo privato, non manca di interagire
con tutto il circondario. Nel Mondo astrale le emozioni, i desideri e le
passioni sono supportate da una sostanza/energia in continua vibrazione.
Un'emozione elevata è contraddistinta da sostanza leggera ed alte vibrazioni
mentre per le basse emozioni, come l'odio e l'egoismo, accade il contrario. Un'emozione nobile tenderà a portare alte vibrazioni in
tutto il Mondo astrale mentre un'azione cattiva sarà sempre legata ad emozioni
con basse vibrazioni capaci di abbassare, seppur di poco, le vibrazioni di tutto
il Mondo astrale a svantaggio di tutta l'umanità. La venuta del Cristo è stata necessaria perché, nel corso
dei secoli, la malvagità aveva abbassato le vibrazioni del Mondo astrale al
punto tale da precludere i sentimenti più nobili ed il ricongiungimento
spirituale con il Padre celeste. Il Cristo, a differenza degli altri Profeti che
sono stati dei terrestri molto evoluti, è uno Spirito solare che, di sua
spontanea volontà, in un atto di grandissimo amore, decise di entrare in un
corpo terreno onde mostrare come l'uomo stesso, comportandosi secondo certe
direttive, potesse superare i travagli terreni quali il peccato, la morte e la
malattia. La crocifissione del corpo di Gesù di Nazareth ha liberato
lo spirito del Cristo, che era entrato in lui al battesimo. Da quel momento il
Cristo è diventato lo Spirito del pianeta terra, che compenetra il pianeta e
partecipa alle esperienze di vita degli innumerevoli esseri, uomini compresi,
che vi nascono, vivono, soffrono, e muoiono. Narra infatti il Vangelo che alla
morte del Signore il velo del tempio si è squarciato, dipingendo in modo
simbolico la grande onda di luce che lo spirito del Cristo ha riversato nel
Mondo astrale sollevandone le vibrazioni al punto da creare una luce accecante
che arrivò persino ad oscurare quella del sole. Da quel giorno lontano il Cristo si adopera costantemente per
risollevare le vibrazioni della materia astrale abbassate dalle azioni cattive
di ognuno di noi. Se non vi fosse la sua opera continua il Mondo astrale sarebbe
presto ridotto come duemila anni fa e non vi potrebbe più essere alcuna
possibilità di avanzamento spirituale. Seppur breve questo profilo del Cristo
dovrebbe farci comprendere e valutare l'opera di salvezza da lui compiuta e
continuamente rinnovata nei sacrifici eucaristici che vengono offerti
giornalmente dai sacerdoti in ogni parte del mondo. Questo è il significato della sua grande promessa:
"Io sarò sempre con voi". Per chi non conosce questa frase tende
a disorientare ancora di più in quanto, per noi, riesce già difficile
mantenere le promesse un giorno per l'altro. In effetti la promessa di Gesù,
seppur mentalmente accettata, non può trovare in noi quella accoglienza che
dovrebbe formare il terreno fecondo per le radici della vera fede. Quella fede
di cui basta un granello per smuovere una montagna. Il non comprendere questa promessa nel più profondo dei suoi
molteplici significati è forse il maggior torto attribuibile all'umanità.
Vuotare di significato una promessa del genere significa togliere al Cristo la
possibilità di essere quel vero amico tanto decantato nei sermoni
domenicali e dalla letteratura cristiana. Un vero amico deve essere con noi nei momenti più duri e
difficili così come in quelli di gioia. Gesù ha promesso di essere sempre con
noi, ma quanti Gli hanno offerto un momento felice affinché ne partecipasse
Quanti Gli hanno chiesto di presenziare al concepimento di un figlio o alla sua
nascita Agli esami scolastici Al matrimonio Al delirio di un familiare in
agonia Penso pochi, forse nessuno. Eppure la promessa è lì da leggere e
rileggere. Come i consuntivi delle grandi aziende, entra negli occhi ma non
arriva al cuore, è troppo diversa dalle cose abituali e resta distante, fredda
e presto dimenticata. Purtroppo questo fatto non mancherà di avere il suo
riscontro. Nel Vangelo si narra di un giorno in cui si terrà un processo e
Gesù, quale giudice, porrà coloro che lo hanno aiutato alla sua destra e
coloro che non lo hanno fatto alla sua sinistra. Tutti noi dovremo un giorno
comparire quali imputati in un processo del genere, ed allora, se accusati, ci
affretteremo a dire che non abbiamo colpa alcuna perché Gesù, personalmente,
non ci ha mai chiesto da mangiare, da bere o da vestire. E lui ci spiegherà che
siccome non abbiamo creduto alla sua promessa non abbiamo potuto
ravvisare il suo volto in quello della vicina isterica, del portinaio
brontolone, del drogato seduto sui gradini della metropolitana, della prostituta
all'angolo della strada, dell'assassino e del suo assassinato. Dobbiamo capire, una volta per tutte, che Egli è presente in
ognuno di noi, nei nostri genitori, nei compagni di scuola, nei colleghi di
lavoro, nei familiari ed in tutti gli altri, ricchi o poveri, sani o malati,
simpatici o meno. In ognuno di essi si cela il Cristo, quasi sempre piegato
sotto un'ennesima sofferenza, novello Cireneo con il compito disumano di portare
sulle spalle non una ma cinque miliardi di croci. La nostra crescita spirituale
inizierà veramente soltanto quando cesseremo di cercare il volto del Cristo
nelle opere d'arte, più o meno famose, e smetteremo di considerare Gesù alla
stregua di un illustre personaggio che ha fatto il suo tempo. "Io sono la vite e voi siete i tralci", sono
sue parole, tutti noi facciamo parte del corpo di Cristo. Non si dimentichi che
la parola "chiesa" all'origine indicava assemblea di gente riunita.
Noi, tutti insieme, siamo il corpo del Cristo e Lui soffre e gioisce con noi in
ogni istante della nostra vita. Questo è il fatto più importante da
comprendere pienamente. Egli è con noi ma, quale essere spirituale, manca delle
mani fisiche per poter sorreggere i deboli, manca della parola fisica per
portare un messaggio di speranza e di conforto. Dobbiamo essere noi che Gli
offriamo le nostre mani affinché possa sostenere i nostri simili, e la nostra
parola affinché possa pronunciare messaggi di conforto e di speranza. In una predica sentii un messaggio che mi rimase impresso
profondamente: "E' inutile, disse il padre, che vi affannate a correggere i
vostri errori, siete troppo deboli... Fate invece crescere il Cristo in voi e
quando sarà cresciuto a sufficienza da prendere il controllo della vostra vita
tutti i vostri errori saranno eliminati". Noi dovremmo consacrare al Cristo tutti noi stessi, giorno
dopo giorno, al mattino, appena alzati dovremmo alzare le braccia al cielo e
dire: "Grazie, o Signore, della notte che mi hai concessa, ti offro queste
mie mani, queste mie labbra, questa mia mente e questo mio cuore affinché tu li
possa usare come strumenti di pace". Ciò è tutt'altro che reale per la comune mentalità. Ecco
perché il "fenomeno Cristo" non può essere capito; supera le nostre
possibilità di comprensione così come la grandezza dell'universo, o la
coscienza infinita di Dio. Belle parole ma non entrano, non riescono a generare
in noi nessuna emozione e ben sappiamo come la molla per ogni nostra azione trae
l'origine da una istanza emotiva. Non per nulla la parola emozione significa mettere in
movimento. Questo è il lato tragico della cosa, pochi sentono la viva e reale
presenza del Cristo al punto di provare un'emozione. Questo comporta assenza di
movimento, passività e poco interesse: ecco spiegato il motivo del poco calore
del cristiano praticante e di tanti ministri di Dio che si affannano a far
perseguire agli altri quegli ideali che loro stessi non riescono a realizzare. Eppure il Cristo c'è e lavora per noi. Egli è dentro il
nostro cuore ed aspetta null'altro che noi, novelle madri, lo facciamo crescere
alla giusta statura. Egli ha voluto nascere in una mangiatoia per dimostrare che
anche il cuore più meschino può offrirgli una dimora. Ha scelto di avere un
traditore su 12 per mostrarci che anche per i traditori vi è un posto presso di
lui. Ha frequentato i relitti umani ed è stato crocifisso tra due ladroni
affinché anche i più emarginati possano aspirare ad un posto al suo fianco. Tutto ciò è quanto coloro che si rivolgono ad altre
religioni non hanno compreso nell'intimo del loro cuore. Chi vede nel Budda la
perfezione e la compostezza, e nell'induismo la cultura profonda, non valuta che
nella compostezza del buddismo non vi è spazio per il deliquio di un drogato e
nella sapienza dell'india non può trovarsi a suo agio il deficiente o
l'analfabeta. E' solo nel cristianesimo che vi è un posto per tutti, Gesù lo
ha ampiamente dimostrato con le sue opere e lo ha insegnato con le sue parole.
Il cristiano vero dovrebbe sentirsi cittadino del mondo; i confini sociali o
razziali dovrebbero essere da lui completamente superati dalla comprensione,
l'accettazione e l'amore. Con il cristianesimo cessa l'usanza di sacrificare ciò che
si possiede ed inizia l'offerta di noi stessi, del nostro tempo e del nostro
operato. Sull'esempio del Cristo nasce il servizio, compaiono i missionari, che
prima costruiscono un ospedale e poi la chiesa. Nelle altre religioni ciò non
accade, i maestri orientali in occidente creano scuole di pensiero non centri
per aiutare i deboli e gli ammalati. Il cristianesimo è una religione attiva,
non si è mai letto che il Cristo se ne stesse seduto ore ed ore a meditare; una
breve preghiera e via a lavorare, "alzati e cammina" è il suo
comando, "andate, guarite e predicate" è il suo volere. Eppure queste parole, come tante altre, non suoneranno reali
ad alcuni di noi. Siamo troppo affannati a trovare prove sensibili a quanto ci
viene proposto per accettare le promesse del Cristo almeno come ipotesi di
lavoro. Alla fine la mancanza di prove farà nascere in noi un ennesimo alibi
cosicché la comoda poltrona non manchi del nostro consueto appuntamento ed il
conto in banca non corra rischi ulteriori. Chi ha mai pensato che le scarpe che tiene nell'armadio sono
le scarpe di chi non ne possiede, e che i soldi che tiene in banca sono i denari
di chi non può comprarsi del cibo Sono pensieri duri ma anche il Cristo non ha
la vita facile... Ci rendiamo conto di quante premure vengono offerte ad una
persona sofferente e che poca comprensione si ha per il Cristo che da 2000 anni
soffre in croce per tutta l'umanità? Ci rendiamo conto che nella persona che
trattiamo duramente c'è il Cristo che subisce la nostra violenza? Si rendono conto i medici che nei loro malati vi è il Cristo
che soffre e forse porta anche un poco di quella croce che a loro compete Non
abbiamo mai pensato che il Cristo è coscienza planetaria e ciò significa che
soffre l'umiliazione della prostituta, le percosse del violento, le ingiustizie
dei ricchi e la miseria dei poveri Tutto ciò non è reale, vero E' fuori
dalla nostra portata. Noi, se abbiamo il raffreddore siamo già sofferenti e
piagnucolosi, potremo mai capire chi soffre tutte le sofferenze dell'umanità,
di giorno e di notte, senza tregua né respiro? Questo è la tragedia, non lo possiamo comprendere. E' troppo
diverso da noi, è un fenomeno irreale e anche chi si dice convinto non
suffraga con la sua vita la sua posizione meramente intellettuale. A questo
punto qualcuno potrà dire: "E allora Non possiamo certo essere tutti
quanti come madre Teresa di Calcutta!". Ciò è vero ma è anche vero che
tutti noi siamo al centro di un nucleo sociale e che possiamo aiutare e servire
il Cristo senza neppure allontanarci da casa nostra. Questo è il fatto importante. Quando faremo il proponimento
di osservare coloro che ci circondano ripetendo in noi: "Ecco in questa
persona vi è il Cristo", allora inizieremo ad essere consapevoli che
l'ingiuria proferita, la violenza fatta, o la pigra omissione sono un
fatto meramente personale ma una ennesima sofferenza del Cristo ed
un'influenza negativa che si ripercuote su tutta l'umanità. Meditiamo
attentamente su quanto esposto e rendiamoci conto della enorme responsabilità
di ogni nostra azione. Considereremo allora ogni nostro simile come un tempio,
più o meno disastrato, dove il Cristo sofferente si aspetta da noi amorevole
comprensione e massima disponibilità. Sta scritto nell'Apocalisse: "Io sono fuori della porta
e aspetto... Se mi farai entrare starò a cena con te". Dovrà aspettare
ancora per molto? |
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A.C.R.O. - Gruppo di Studi Rosacrociani di Roma -
Centro Autorizzato della Rosicrucian Fellowship Oceanside, California. |