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La Reincarnazione come veniva insegnata dai primi Cristiani
I. M. Oderberg
traduzione, pubblicata dalla Rivista Italiana di Teosofia, marzo 2006.
Perché la reincarnazione in Europa fino a poco tempo fa era sconosciuta? Perché il Cristianesimo non la insegna?
Metempsicosi letteralmente significa "trasferimento di anime" ed
è un termine correlato al processo di reincarnazione. Viene spesso
chiesto:
"Perché la reincarnazione fino a poco tempo fa era sconosciuta in Europa
e perché il Cristianesimo non la insegna?" Veramente questâidea è rintracciabile nelle più antiche tradizioni della civiltà occidentale tanto quanto era insegnata in tutto lâantico Medio ed estremo Oriente. E ci sono prove evidenti che davvero durante i suoi primi secoli, il Cristianesimo impartiva quello che aveva imparato riguardo la pre-esistenza delle anime e la loro reincarnazione Josephus, lo storico ebreo che visse durante la maggior parte del primo secolo dopo Cristo, annota nel suo Jewish War (3, 8, 5) e nel suo Antiquities of the Jews (18, 1, 3) che la reincarnazione era diffusamente insegnata ai suoi giorni, mentre pure Philo Judaeus, suo contemporaneo dâAlessandria, in vari suoi scritti si riferisce alla reincarnazione, in una forma o nellâaltra. Inoltre vi sono dei passaggi del Nuovo Testamento che possono essere compresi solo alla luce della pre-esistenza delle anime come credo generalmente accettato. Per esempio Matteo (16:13-14) scrive che quando Gesù chiese ai suoi discepoli: "Chi dicono che io sia?" essi risposero che alcune persone dicevano egli fosse Giovanni Battista (il quale era stato giustiziato solo pochi anni prima che la questione fosse posta). Altri pensavano che egli fosse Elia, o Geremia o un altro dei profeti. Più tardi troviamo in Matteo (17:13) che Gesù, lungi dal respingere il concetto di rinascita, disse ai suoi discepoli che Giovanni Battista era Elia. Giovanni (9:2-4) riporta che i discepoli chiesero a Gesù se un uomo cieco avesse peccato lui o i suoi genitori dato che era nato cieco. Gesù rispose che tutto ciò avveniva perché le opere di Dio si manifestassero nel cieco ovvero perché avesse compimento la legge di causa ed effetto. O, come si espresse san Paolo al riguardo: "Si raccoglie quello che si semina". Lâuomo cieco non poteva avere piantato i semi della sua cecità in questa vita, ma lâavrà fatto in una precedente. I primi cristiani, specialmente coloro che erano membri di una delle sette gnostiche come i Valentiniani, gli Ofiti e gli Ebioniti, includevano la reincarnazione tra i loro insegnamenti più importanti. A loro parere essa consentiva il compimento della legge - karma - tanto quanto forniva allâanima i mezzi per purificarsi dalle torbide caratteristiche che risultavano dalla sua immersione nella materia e dallâegoismo che abbiamo sviluppato nei primi stadi del nostro viaggio sulla terra. Dopo le generazioni iniziali di cristiani, troviamo i primi Padri della Chiesa, come Giustino martire (100-165 d.C.), san Clemente Alessandrino (150-220 d.C.) e Origene (185-254 d.C.), che insegnavano la pre-esistenza delle anime, abbracciando la reincarnazione o uno degli aspetti della rinascita. Esempi di questo si trovano nelle opere di Origene, in special modo nel Contra Celsum (1, XXXII), dove egli chiede: "Non è razionale che le anime debbano essere introdotte in corpi secondo i loro meriti e azioni precedenti…?" E nel De Principiis afferma che lâanima non ha inizio né fine. San Gerolamo (340-420 d.C.), traduttore della versione in latino della Bibbia, conosciuta come la Vulgata, nella sua Lettera a Demetria, una matrona romana, afferma che alcune sette cristiane del suo tempo insegnavano una forma di reincarnazione come dottrina esoterica, impartendola a pochi, "come una verità tradizionale che non doveva essere divulgata". Anche Sinesio, (370-480 d.C.), vescovo di Tolemaide insegnava lo stesso concetto e, in una preghiera che è giunta fino a noi dice: "Padre concedi che la mia anima possa fondersi nella luce e che non sia respinta nellâillusione materiale". Altri suoi Inni, come il numero 3, contengono frasi che riaffermano chiaramente il suo punto di vista e che supplicano che egli sia così purificato da rendere non più necessaria la rinascita sulla terra. In una tesi sui sogni Sinesio scrive: "Eâ possibile, per lâanima immaginativa, grazie al tempo e al lavoro e ad una transizione in altre vite, emergere da questa oscura dimora". Questo passaggio ci ricorda i versetti dellâApocalisse di Giovanni (3:12) con il suo linguaggio simbolico iniziatico che porta a: "Il vincitore lo porrò come una colonna nel tempio del mio Dio e non ne uscirà mai più".A questo punto dobbiamo ricordare quel che accadde dopo che Costantino dichiarò il Cristianesimo religione di stato dellâimpero romano. La chiesa dimenticò lâingiunzione di dare a Cesare quel che è di Cesare e si lasciò coinvolgere nellâamministrazione del regno di Cesare - lâarena politica. Il suo destino si legò così a quello dellâimpero stesso e ai suoi sovrani. Le svariate differenze tra gli insegnamenti nelle sette cristiane del quarto secolo erano parallele ai disordini che scoppiavano nelle province sotto il governo di imperatori poco energici, cosicché nel momento in cui Giustiniano prese lâincarico nel 527, ebbe seri problemi. Egli lavorò disperatamente per riunificare lâimpero in rovina procedendo su due direttrici: da una parte il suo sforzo fu di guidare il suo esercito contro gli stati più piccoli allâinterno del fold più grande; dallâaltra impose un canone uniforme di credenze, al quale ci si doveva attenere strettamente. Teologo non disprezzabile egli stesso, lanciò una campagna contro le credenze dei cristiani nestoriani e altre minoranze e per fare questo dovette aggirare la decisione del Concilio di Chalcedon (451). Egli ordinò a Menna, patriarca di Costantinopoli, di convocare un sinodo locale o provinciale per affrontare il problema e venire incontro alle richieste di vari uomini di chiesa che si opponevano a certi insegnamenti, inclusi quelli di Origene sulla pre-esistenza delle anime. Il sinodo locale accettò lâinterdizione formulata da Menna, ma questo non sembrò ottenere grandi risultati. Dieci anni più tardi Giustiniano convocò il quinto Concilio di Costantinopoli, conosciuto anche come Secondo Concilio Ecumenico, ma questa definizione è sbagliata. Fu presieduto dal patriarca effettivo di Costantinopoli, Eutichio, alla presenza di 165 vescovi. Papa Virgilio era stato convocato dallâimperatore ma si oppose al Concilio e si rifugiò in una chiesa di Costantinopoli; non fu pertanto presente alle deliberazioni, né vi fu rappresentato. Il Concilio redasse una serie di anatemi, 14 secondo qualcuno, 15 secondo altri, diretti principalmente contro le dottrine di tre "scuole" o "eresie", i cui documenti divennero noti come "I tre capitoli". Solo questi atti vennero presentati al papa per la sua approvazione. I papi successivi, incluso Gregorio Magno??? (590-604), mentre trattavano le faccende emerse dal quinto Concilio, non fecero riferimento alcuno alle idee di Origene. Tuttavia Giustiniano impose lâaccettazione delle decisioni di quella che sembrava essere stata semplicemente una sessione extra conciliare, facendo sembrare che avesse approvazione o sanzione ecumenica. Quello che ci interessa qui è che gli ecclesiastici che si opponevano agli insegnamenti di Origene, soprattutto a quello che riguardava la pre-esistenza delle anime, si procurarono una condanna ufficiale, che cercarono di rendere obbligatoria. Sebbene Gregorio Magno non facesse riferimento alcuno ad Origene quando intraprese i lavori del Quinto Concilio, accettò la tendenza alla codificazione del credo cristiano che si era sviluppato durante il quinto ed il sesto secolo, ed affermò perfino di aver "riverito" le conclusioni dei primi quattro Concilii, tanto quanto quelle dei quattro Vangeli! Dal punto di vista dellâinsegnamento pubblico lâidea della reincarnazione scomparve dal pensiero europeo dopo il sinodo provinciale del 543 e il Quinto Concilio del 553 - e questo adducendo come motivo il fatto che fosse in conflitto con unâappropriata comprensione del concetto di redenzione. Malgrado gli anatemi, lâinfluenza di Origene continuò salda nei secoli, portando dritti i Cristiani verso Massimo da Tiro (580-662) e Giovanni Scoto Eriugena (810-877), il monaco irlandese immensamente erudito. Tale influenza raggiunse perfino figure relativamente più recenti come san Francesco dâAssisi, fondatore dellâOrdine Francescano (1182-1226) e san Bonaventura, il dottore "serafico" (1221-1274), che diventò cardinale e Generale dei Francescani. Perfino un teologo come san Gerolamo disse di Origene che fosse "il più grande insegnante della Chiesa primitiva dopo gli Apostoli". Tranne le sette cristiane come i molto diffusi Catari, che comprendevano gli Albigesi, i Valdesi e i Bogomili, individui isolati come Jacob Boehme, il mistico protestante tedesco, Joseph Glanvil, il cappellano del Re Carlo II dâInghilterra, il reverendo William Law, William R. Alger e molti ecclesiastici moderni, Cattolici e Protestanti, hanno appoggiato il concetto di reincarnazione sia sul piano logico che su altri piani. Henry More (1614-1687), il noto pastore della Chiesa dâInghilterra e celebre neoplatonico di Cambridge, scrisse nel suo lungo saggio "LâImmortalità dellâAnima" uno studio considerevole e completo su questo tema, con risposte convincenti alle critiche sulla pre-esistenza. Come disse More nel suo saggio sopra citato, "non câè mai stato alcun filosofo che abbia parlato di unâanima spirituale ed immortale, che non ne sostenesse anche la pre-esistenza". Lâopposizione generale dei teologi nellâultimo secolo sta venendo meno, dal momento che i loro successori hanno assunto un atteggiamento più aperto al riguardo. Sacerdoti di confessioni diverse stanno cominciando ad avallare i vecchi insegnamenti riguardo alla pre-esistenza dellâanima, la sua trasmigrazione in generale e la reincarnazione in particolare. Se ne sta parlando in modo più ampio di quanto non sia stato fatto per secoli, e lo scherno iniziale, basato sul fraintendimento della trasmigrazione, ha lasciato il posto ad unâindagine più seria. Una delle tesi più comuni contro lâidea della reincarnazione è che non ricordiamo le nostre esistenze passate. Ma câè una memoria diversa da quella cerebrale. Certe abilità o la capacità di fare o di capire certune tematiche o attività spesso evidenti nella prima infanzia, sicuramente indicano una reminiscenza di familiarità passate. Importa qualche cosa che nome avesse un certo personaggio se la caratteristica espressa attraverso quella vita continua nella presente, modificata secondo il genere e lâintensità del precedente periodo di auto-espressione? Spesso consideriamo la vita e la morte come degli opposti; in realtà la vita è un continuum con nascita e morte a fare da vie di accesso dentro e fuori alla fase terrena. Nascita, morte e rinascita - il ciclo si compie e completa se stesso continuamente finché non ci liberiamo di tutte le scorie della nostra natura per divenire il puro oro dello spirito. Traduzione di Patrizia Calvi e Roberta Girardi. Condensato da "Sunrise" e tratto dal Theosophical Digest, 2nd Quarter 2005. |
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