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LA SCIENZA DELLA MORTE

Tratto da "Il cristianesimo dei Rosacroce", di Max Heindel

Fra tutte le incertezze che caratterizzano il nostro mondo terreno, vi è una sola sicurezza: la Morte. Alla fine, dopo una vita lunga o breve, la fase materiale della nostra esistenza viene a termine e questo compimento, non è che una nuova nascita, giacché quello che noi chiamiamo "nascita" è, secondo le belle parole di Wordsworth, l’oblio di un passato.

La nostra nascita non è che un sogno, un dimenticare;

Stella della nostra vita,
ha avuto altrove il suo tramonto,
e viene da lontano:
non in perfetto oblio,
e non in completa nudità.

Ma come ondeggianti nuvole di gloria
noi veniamo da Dio, che è la nostra dimora:
nell’infanzia non vediamo che il cielo!

Le ombre della prigione cominciano a chiudersi
sul fanciullo che cresce,
ma egli scorge la Luce e donde essa proviene,
egli la vede nella sua gioia;
il giovine che sempre più si allontana dall’oriente deve viaggiare,
ma è tuttavia il sacerdote della natura,
e dalla splendida visione è accompagnato nel suo cammino;
finalmente l’Uomo la vede dileguarsi
e svanire nella Luce del giorno comune.

William Wordswort


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La nascita e la morte possono perciò essere considerate come il cambiamento d’attività dell’uomo, da un mondo ad un altro, e dipende dalla nostra stessa posizione il chiamare questo cambiamento nascita o morte. Se l’uomo entra nel mondo che noi viviamo, noi affermiamo che nasce; se lascia il nostro piano d’esistenza per l’altro mondo, allora diciamo che muore. Ma per l’individuo stesso il passaggio da un mondo ad un altro è come per noi il trasloco da una città ad un'altra. Egli vive immutato; ma le proprie circostanze esteriori e la sua condizione sono cambiate.

Il passaggio da un mondo ad un altro è spesso accompagnato da una maggiore o minore incoscienza, come avviene durante il sonno, come dice Wordsworth; e per questa ragione, la nostra coscienza può fissarsi sul mondo che abbiamo lasciato.

L’infanzia percepisce il mondo invisibile circostante: appena nati, infatti, i bambini sono tutti chiaroveggenti, per un periodo più o meno lungo, e coloro che passano nell’aldilà, alla morte, scorgono ancora per qualche tempo il mondo materiale.

Se moriamo nel vigore e nella pienezza della vita, con forti legami di famiglia, d’amicizia o d’altri interessi, il mondo continua ad attrarre la nostra attenzione per un periodo più lungo, che se la morte ci avesse colpito in età più matura, quando i vincoli terreni sono già logorati. E ciò per lo stesso principio con cui il seme, si attacca alla polpa del frutto acerbo, mentre si stacca facilmente e interamente dal frutto maturo. In conseguenza di ciò, è più facile e meno doloroso morire nell’età avanzata che nella giovinezza.

L’incoscienza, che abitualmente accompagna lo spirito che arriva alla nascita e quello che parte alla morte, è dovuta alla nostra incapacità di immediato adattamento, simile alla difficoltà che incontriamo quando passiamo da una stanza oscura alla Luce della strada o viceversa. In tal condizioni occorre del tempo, prima di poter distinguere gli oggetti intorno a noi; così avviene al nascituro e al morituro: entrambi, a poco a poco devono abituarsi al loro nuovo ambiente ed alle loro nuove condizioni di vita.

Quando giunge il momento che segna il termine della vita nel mondo fisico, l’utilità del corpo denso è terminata, e l’Ego si ritrae da lui attraverso la testa, portando con se la mente ed il corpo del desiderio, come fa ogni notte durante il sonno; adesso il corpo vitale è inutile, così che anch’esso è abbandonato e quando si spezza il cordone argenteo che unisce i veicoli superiori a quelli inferiori, il distacco e definitivo e irreparabile.

Ricordiamo che il corpo vitale è composto d’etere, che si sovrappone al corpo fisico, nelle piante, negli animali e nell’uomo, durante la vita fisica. L’etere è una sostanza fisica perciò e dotata di peso. La sola ragione, per cui gli scienziati non possono pesarlo, e che essi non riescono a raccoglierne una certa quantità e a metterla sulla bilancia. Ma quando alla morte, esso abbandona il corpo denso, avviene sempre, una diminuzione di peso, il che dimostra che qualcosa avente peso, e no invisibile, lascia il corpo denso in quel momento.

Nel 1906 il Dr. Mac Dougall di Boston, pesò un certo numero di persone morenti, mettendo i loro letti su delle bilance che egli poteva manovrare. Fu notato che la piattaforma recante, i pesi, scendeva rapidamente al momento in cui era esalato l’ultimo respiro. In tutta l’Unione si sparse la notizia che l’anima era stata pesata, cosa impossibile questa, perché l’anima non è soggetta a leggi fisiche.

Più tardi il prof. Twining di Los Angeles, pretese di pesare l’anima di un topo, ma ciò che lo scienziato giunse realmente a pesare fu il corpo vitale che abbandonava il corpo denso al momento della morte.

Bisogna dire una parola riguardo al trattamento da usarsi verso i morenti, i quali soffrono spesso un’indicibile agonia per la malintesa gentilezza degli amici. La somministrazione di stimolanti ai moribondi causa terribili sofferenze; non è doloroso abbandonare il proprio corpo, ma gli stimolanti hanno l’effetto di far rientrare l’Ego partente entro il suo veicolo, con la forza di una catapulta, facendo provare di nuovo le sofferenze dalle quali era sul punto di liberarsi.

Anime di trapassati si sono spesso lamentate con gli investigatori, ed una di queste affermò, di non avere sofferto tanto, quanto soffrì durante le molte ore in cui le fu impedito di morire. Il solo modo razionale è quello di lasciare che la natura abbia il suo corso, quando si è certi che la fine è inevitabile.

Un’altra e più grave colpa contro lo spirito partente è quella di abbandonarsi ad un pianto dirotto e a lamentarsi nella camera ardente o anche vicino ad essa. Immediatamente dopo la sua liberazione, e per un periodo che va da alcune ore a diversi giorni, l’Ego è impegnato in una questione di massima importanza; una gran parte del valore della vita appena trascorsa, dipende dall’attenzione che su di lei concentra lo spirito partente. Se egli è distratto dai singhiozzi e dai lamenti dei propri cari, perderà molto, come vedremo, ma se è rafforzato dalla preghiera e aiutato dal silenzio, molto dolore potrà essere risparmiato a tutti gli interessati.

Non siamo mai stati, tanto custodi del nostro fratello, come quando egli sta per attraversare questo Getsemani, ed è questa, una delle migliori occasioni per servirlo e per preparare a noi stessi un tesoro celeste.

Abbiamo studiato il fenomeno della nascita e possiamo perciò usare, in occasione di tal evento, accorgimenti speciali. Abbiamo, infatti, ostetrici provetti ed infermieri addestrati per assistere nel miglior modo possibile, tanto la madre che il bambino, ma dobbiamo molto dolorosamente constatare, che non possediamo per nulla una scienza della morte. Quando un bambino sta per entrare nel mondo, noi ci affaccendiamo con intelligente zelo; quando un amico di tutta la vita è sul punto di lasciarci, noi restiamo impotenti, ignoranti di come aiutare e, peggio ancora, con la nostra incapacità, causiamo sofferenze invece di dare aiuto.

La scienza fisica sa che qualunque sia la forza che muove il cuore, essa non viene dal fuori, ma risiede nel cuore stesso. Lo scienziato occulto vede una camera nel ventricolo sinistro, vicino all’apice, dove un piccolo atomo, ruota in un mare, del più elevato Etere. La forza di quell’atomo, come le energie in tutti gli atomi, è la vita indifferenziata di Dio. Senza quella forza il minerale non potrebbe formare la materia in cristalli e i regni vegetale, animale ed umano, sarebbero incapaci di formare i loro corpi. Più profondamente guardiamo, e più chiaro ci appare quanto è fondamentalmente vero che in Dio viviamo, ci muoviamo ed abbiamo la nostra esistenza.

Quell’atomo è chiamato "Atomo-Seme". La forza in lui contenuta, muove il cuore e mantiene in vita l’intero organismo. Tutti gli altri atomi dell’intero corpo, devono vibrare in armonia con questo. Le forze di quell’atomo-seme furono immanenti in ogni corpo denso che fu posseduto dal particolare Ego a cui esso è unito, e sopra la sua tavoletta plastica, sono incise tutte le esperienze di quel particolare Ego durante tutte le sue vite.

Quando torniamo a Dio, quando saremo di nuovo uno in Dio, quel ricordo, che è particolarmente ricordo di Dio, rimarrà sempre, e così noi manterremo la nostra individualità. Noi trasmutiamo, come sarà scritto, le nostre esperienze in facoltà, il male è tramutato in bene ed il bene, lo riteniamo come capacità di bene sempre maggiore, ma il ricordo delle esperienze è di Dio e in Dio, nel senso più intimo, dell’espressione.

Il "cordone d’argento", che unisce i veicoli superiori a quelli inferiori, termina nell’atomo-seme del cuore. Quando la vita materiale giunge al suo termine, le forze dell’atomo-seme si ritirano, passano al di fuori, lungo il nervo pneumogastrico, dietro la testa e lungo la corda d’argento, insieme ai veicoli superiori. Questa rottura nel cuore segna la morte fisica, ma il cordone d’argento non si spezza subito, in qualche caso, ciò può avvenire, non prima d’alcuni giorni.

Il corpo vitale è il veicolo della percezione sensoria. Siccome questo, rimane nel corpo sensibile e la corda eterica lo unisce al corpo denso abbandonato, è evidente che fino a che tale corda non è spezzata, deve esserci un certo grado di sensibilità nell’Ego, allorché, il suo corpo denso è molestato. Perciò esso prova dolore, quando il sangue è estratto e vi s’inocula il fluido per imbalsamarlo, quando il corpo è aperto per un esame post-mortem e quando il corpo è cremato.

Allo scrivente fu narrato un caso di un chirurgo, che asportò tre dita dal piede di una persona addormentata con anestetici. Egli gettò le tre dita amputate in una stufa accesa e immediatamente, il paziente cominciò a strillare, perché la rapida disintegrazione delle dita materiali, causava un’eguale rapida disintegrazione delle dita eteriche che erano collegate ai veicoli superiori. Nello stesso modo, qualsiasi molestia è risentita dallo spirito disincarnato, per un periodo che va da alcune ore a tre giorni e mezzo dopo la morte. Da allora qualsiasi connessione è spezzata, ed il corpo inizia a decomporsi.

Si deve perciò avere cura di non causare disagio allo spirito partente con simili misure. Se le leggi od altre circostanze, impediscono di tenere tranquillamente il cadavere per alcuni giorni nella stanza dove la morte ha avuto luogo, esso può essere interrato per quello spazio di tempo e poi trattato nel modo voluto.

La quiete e la preghiera sono d’enorme vantaggio durante quel breve tempo, e se noi amiamo saggiamente lo spirito dipartito, potremo guadagnarci la sua gratitudine seguendo le indicazioni che abbiamo fornito.

 

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A.C.R.O. - Gruppo di Studi Rosacrociani di Roma - 
Centro Autorizzato della Rosicrucian Fellowship
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